‘Alice cominciava a essere stufa di starsene seduta vicino a sua sorella sulla riva del fiume, senza niente da fare; aveva sbirciato un paio di volte nel libro che sua sorella stava leggendo, ma non c’erano né figure né dialoghi, ‘e a che pro un libro’ pensava Alice, ‘senza le figure e i dialoghi?’.
Così se ne stava a riflettere nella sua testolina se il piacere di intrecciare una coroncina di margherite valesse la noia di alzarsi per coglierle, quando dal nulla un Coniglio Bianco con gli occhi rosa le passò accanto correndo a tutta birra. Niente di veramente insolito in tutto ciò, né a Alice sembrò del tutto fuor dal comune sentire il Coniglio che diceva fra sé e sé ‘Oh cielo! Che ritardo! Sono già gli Anni Ottanta!’ (quando poi ci ripensò, le venne in mente che avrebbe dovuto meravigliarsene, ma sul momento tutto le sembrò così naturale); quando però il Coniglio tirò fuori un cipollone dal taschino del panciotto e, consultatolo, subito riprendeva a correre, Alice balzò in piedi, fulminata dal pensiero che non aveva mai visto prima un coniglio né con un taschino del panciotto né con un orologio da tirarne fuori e, morendo di curiosità, prese a inseguirlo attraverso il prato e ebbe la fortuna di fare in tempo a vederlo gettarsi sotto la siepe, dentro una tana grossa così. Subito Alice vi si infilò dentro, senza neppure darsi pena di chiedersi come diavolo avrebbe fatto a riuscirne.’
(Alice nel paese delle meraviglie, e.f.c., traduzione di Aldo Busi)