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Oggi più che mai, ormai consapevoli di essere nel pieno della globalizzazione, delle interdipendenze e di una crisi antropologica, culturale, sociale, economica in cui molti soffrono le conseguenze di scelte e comportamenti innescati dall’irresponsabilità di pochi, diventa evidente la necessità di enunciare un nuovo principio: quello della responsabilità morale indiretta o, per essere più precisi, delle responsabilità morali indirette (o anche delle responsabilità morali complesse). Per semplicità e brevità lo chiameremo: il principio della responsabilità indiretta.
Tutto è indiretto. O quasi. Ce lo insegnano le scienze, la filosofia, la teologia, l’esperienza quotidiana, il buon senso. Dio si rivela così, la storia della chiesa è sempre andata in questa direzione. «L’essenziale è invisibile agli occhi», diceva il Piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. Fede e speranza hanno in sé logiche indirette. Cosi anche la carità, se vissuta in maniera intelligente con la consapevolezza delle conseguenze che provoca, incide sul modo in cui ci relazioniamo agli altri, a ogni latitudine e longitudine. Altrimenti non è carità. La carità si pone interrogativi, analizza e nel discernimento trova piste di azione. Nella carità si radica tutto: la giustizia, il diritto, la pace, il bene comune, l’opzione preferenziale per gli ultimi, la salvaguardia del creato…
«La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del “mio” all’altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all’altro ciò che è “suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare» (Caritas in veritate, n. 6). Nella Sollicitudo rei socialis Giovanni Paolo II affermava che «siamo tutti responsabili di tutti». Benedetto XVI fa un passo in avanti, con una nuova e più chiara formulazione, dicendo che ormai non siamo più responsabili solo di azioni semplici, visibili, quantificabili nel loro impatto nel tempo e nello spazio. Nella nuova e rivoluzionaria enciclica Caritas in veritate dà valore morale e responsabilità concreta anche ad azioni di carattere quotidiano, come ad esempio i nostri acquisti.
Ormai percepiamo chiaramente che le nostre azioni hanno anche un impatto globale. Magari infinitesimo, impercettibile, ma quanto io faccio hic et nunc, qui e ora, ha conseguenze oltre che sul presente anche là e domani, altrove e nel tempo, in altri luoghi e nel futuro. Si ripercuote su altri (uomini o luoghi) e nel tempo (sulle future generazioni e sulla terra di domani, oltre che paradossalmente anche sul passato). La responsabilità indiretta è pertanto la consapevolezza che le nostre scelte hanno delle conseguenze indirette nel tempo e/o nello spazio. È una morale «per le future generazioni», una morale «planetaria». Un’attenzione e uno sguardo lontano e al futuro. Un occhio lungimirante e per «la posterità».
Di fatto è sempre stato così, ma ora ne siamo più consapevoli, e sappiamo maggiormente quali possono essere le conseguenze indirette delle nostre azioni, di cui diventiamo, in certa misura, corresponsabili. È proprio qui il punto centrale di questo ragionamento: la consapevolezza.
(da P. Beccegato et al., L’era della consapevolezza. La responsabilità indiretta: un nuovo principio per cambiare il mondo, Padova, Edizioni Messaggero, 2010, pp. 17-19)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.