• Louis Dumont

    Modelli per la storia e la teoria delle culture

Oltre Dumont: la civiltà indiana tra storiografia ed etnografia

  • da venerdì 12 Aprile 1996 a sabato 04 Maggio 1996 - 17.00
Centro Culturale

Durante la lezione tenterò di fare un bilancio del programma dumontiano, basandomi sulle sfide impostegli dalle recenti storiografie ed etnografie e sulla validità e attualità del tema del ritorno in occidente, ossia dell’uso che si deve fare dell’esperienza della traduzione della cultura indiana nei termini occidentali. Tema che Dumont pone, insieme a quello della perfettibilità dei concetti euristici delle scienze umane, al fondo del metodo comparativo.
L’opera di Louis Dumont si sviluppa intorno alle possibilità aperte dalla comparazione tra l’ideologia individualistica delle società moderne e occidentali e quella olistica delle società tradizionali.
La casta e i suoi aspetti sistemici rappresentano, nell’interpretazione dumontiana, il dato ultimo, quasi l’effetto, della costruzione ideologica che quella società fa di se stessa. Attraverso i rapporti di casta l’individuo indiano rende cosciente la sua posizione relativa in un mondo ordinato da relazioni eterne.
L’eternità delle relazioni – il loro essere scandite dalle leggi immutabili che regolano il cosmo indiano e che legano ad un comune destino di relatività tutti gli esseri umani e divini come tutte le cose naturali e non – rappresenta il tratto caratteristico dell”ideologia indiana. Ogni imprevisto caso, ogni accidente nel corso degli eventi, è come trasformato e riconsiderato, da questa griglia immutabile del sistema delle relazioni.
E questo genere di eternità è quella che, in Dumont, costituisce, ad un tempo, la possibilità che ha la religione di gestire le dimensioni olistiche dell”umano e ciò che l’Occidente, durante la sua modernizzazione, ha indebolito e privato della sua forza espressiva legittimante.
Già riflettendo su questi brevi accenni al programma comparativo dumontiano si aprono almeno due possibili strade da percorrere per riconsiderare l”opera dello studioso francese ed eventualmente evidenziarne i limiti ma anche le possibilità remote e ulteriori di sviluppo.
Una prima strada si apre nel momento in cui rivalutiamo seriamente la vicenda coloniale che ha scandito i tempi iniziali della modernizzazione della società indiana. La questione da porre alla storia della colonizzazione in India è se l’Occidente abbia incontrato il tipo di società definita dalle coordinate dumontiane quando, dopo la battaglia di Plassey (1757), gli Inglesi presero definitivamente in mano le sorti del Bengala e vi iniziarono l’implementazione del potere coloniale. Fu quello tra Occidente e Oriente indiano un incontro tra una società moderna e una tradizionale?
Alcune recenti storiografie del processo di colonizzazione (Cohn, Bayly, Marshall, Chaudhuri, Bose) mettono in evidenza, da una parte, che l’India premoderna non è affatto identificabile con una società stabile e, dall’altra, che la società coloniale produsse delle trasformazioni non solo nell’ordine delle relazioni economiche e giuridiche ma, più in profondità, anche nel modo in cui gli Indiani consideravano se stessi.
La parte indiana della società coloniale iniziò a distinguere gli elementi che la componevano secondo una matrice intrinsecamente occidentale. Separazioni come quella tra società hindu e società musulmana che ovviamente preesistevano all’arrivo dell”Occidente, assunsero, durante la colonizzazione, un valore molto più preciso e stabile e furono una delle vie principali attraverso cui si costituirono le moderne identità di quella società. E il risultato finale del processo di colonizzazione risultò essere una sclerotizzazione complessiva della matrice culturale della società indiana, la cui rigorosa visione del mondo regolato dalle caste è solo uno degli effetti più recenti e meno tradizionali.
Ma il modello dumontiano, sollecitato da questa critica, offre un ulteriore possibilità di interpretazione al di là di quella che sembra, in realtà, una sua volgarizzazione.
L’India tradizionale non è da considerare stabile nel senso di una permanenza eterna delle stesse relazioni concrete. Non si tratta tanto, in Dumont, di una stabilità di rapporti di forza tra elementi eterni della società, quanto di rapporti formali, di senso, che si impongono per la loro espressività. Così alcuni studiosi (Pouchepadass e Stern) hanno inteso l’interpretazione dumontiana del rapporto di complementarietà tra religioso e politico-economico come caratteristica di una società non tanto stabile, quanto stabilmente perturbata. La turbolenza intrinseca, tipica dell”India pre-moderna, dei rapporti di forza e di potere era gestibile solo dalla complementarietà tra il religioso e il politico, la quale era in grado di ritrasformare nel modello legittimo gli effetti delle dinamiche di potere, delle lotte e degli scontri tra le varie fazioni all’interno dei regni tradizionali indiani.
Una seconda strada da percorrere, per andare oltre Dumont, ci è offerta da alcune recenti etnografie (Marriott e Inden, Fruzzetti, Oskor e Barnett, Linch).
La nozione che in questi lavori risulta essere messa in dubbio è quella di individualità. Dumont, seguendo questa linea di pensiero, si sarebbe fermato all’individuo concreto e lo avrebbe considerato alla stregua di un assioma da cui far derivare tutto il resto. Individuo e casta, individuo e mondo, individuo e parentela e/o alleanza matrimoniale: Dumont sembrerebbe partire sempre da una concezione universalistica dell’individualità concreta e non sarebbe in grado di prenderne in considerazione la costruzione secondo le categorie culturali indigene. La costruzione culturale del corpo, dello spazio e del tempo, così come il sistema percettivo e emotivo, in India sono costruiti secondo una matrice completamente aliena a quella occidentale. Le dicotomie occidentali di mente/corpo, soggetto/oggetto, individuo/società, razionalità/emotività mal si adattano come strumenti dell’interpretazione della cultura indiana.
Dumont si ferma, nel suo tentativo di orientare il sistema delle differenze tra Occidente e Oriente indiano, al livello della comparazione tra diverse istituzioni e diverse morfologie sociali: l’individuo da una parte e la casta dall’altra, la società occidentale intesa come somma di individui che vivono il rapporto con la collettività come privo di senso e la società delle caste intesa come somma di individui ordinati da rapporti gerarchici dotati di senso. Le etnografie più recenti, al contrario, vanno oltre questo piano di differenze e sottolineano il fatto che in India è la stessa individualità concreta a mettere in crisi la griglia interpretativa occidentale, costringendo al tempo stesso, il modello dumontiano ad accettare una differenza incolmabile e profonda tra la cultura occidentale e quella indiana.
Il passo conclusivo della lezione sarà rappresentato dal tentativo di riconciliazione tra gli scopi ultimi dell’antropologia dumontiana e le tesi che affermano una distanza radicale tra l’Occidente e l’India.

Riferimenti Bibliografici


- BAYLY C.A., Rulers, Townsmen and Baazars. North Indian Society in the Age of British Exspansion 1770-1870, Cambridge, Cambridge University Press, 1983;
- BAYLY C.A., The New Cambridge History of India II, I: Indian Society and the making of the British Empire, Cambridge, Cambridge University Press, 1987;
- BOSE SUGATA (a cura di), South Asia and World Capitalism, Delhi, Oxford University Press, 1990;
- CHAUDHURI K.N., Trade and Civilization in the Indian Ocean: An Economic History from the Rise of Islam to 1750, Cambridge, Cambridge University Press, 1985;
- CHAUDHURI K.N., L'Asia prima dell'Europa. Economie e civiltà dell'Oceano Indiano, Roma, Donzelli Editore, 1994;*
- COHN S. BERNARD, An Anthropologist among the Historians and Other Essays, Delhi, Oxford University Press, 1987;*
- DUMONT L., Homo Hierarchicus. Il sistema delle caste e le sue implicazioni, Milano, Adelphi, 1991;*
- DUMONT L., La civiltà indiana e noi, Milano, Adelphi, 1986;*
- DUMONT L., Saggi sull'individualismo. Una prospettiva antropologica sull'ideologia moderna, Milano, Adelphi, 1993;*
- LYNCH O.M., Divine Passions. The Social Construction of Emotion in India, Berkeley, University of California Press, 1990;*
- MARRIOTT M., Inden R., "Toward an Ethnosociology of South Asian caste Systems", in David K. (a cura di), The New Wind. Changing Identities in South Asia, Parigi, Mouton, 1977;
- MARSHALL P.J., The New Cambridge History of India, II.2. Bengal: The British Bridge-head. Eastern India 1740-1828, Cambridge, Cambridge University Press, 1987;
- OSTOR A., FRUZZETTI L., BARNETT S. (a cura di), Concepts of Person: Kinship, Caste, and Marriage in India, Cambridge, Massachusetts and London, England, Harvard University Press, 1982;*
- POUCHEPADASS J., STERN H. (a cura di), De la royauté à l'état. Anthhropologie et histoire du politique dans le monde indien, Parigi, Editions de l'école des hautes études en sciences sociales, 1991.

Testi di riferimento per la lezione

- POUCHEPADASS J., STERN H. (a cura di), De la royauté à l'état. Anthhropologie et histoire du politique dans le monde indien, Parigi, Editions de l'école des hautes études en sciences sociales, 1991, pp. 9-24;
- DUMONT L., La civiltà indiana e noi, Milano, Adelphi, 1986, pp. 43-76;*
- CHAUDHURI KIRTI N., L'Asia prima dell'Europa, Roma, Donzelli, pp. 263-270;*
- MARRIOTT MCKIM, India through Hindu Categories, New Delhi, Newbury Park, London, SAGE, 1990, pp 59-77.


Per approfondire ulteriormente i temi trattati dal seminario è possibile consultare la bibliografia selecta

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