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La storia del pensiero filosofico ha fornito alcuni modelli di cosmopolitismo con i quali è ancora utile confrontarsi. Questo è avvenuto soprattutto – ma non solo – in due periodi: l’età classica e il Settecento. In entrambi i casi la riflessione sul cosmopolitismo ha proposto due modelli in gran parte alternativi. Il primo ha carattere prevalentemente individualistico: è contrassegnato dall’affermazione dei valori del singolo in contrapposizione alla comunità politica, sociale o etnica in cui esso si trova a vivere (la proposta è esemplificata tanto dalla vicenda di Diogene il Cinico, che si riduce a vivere in una botte, quanto dalle forme più esasperate di antipatriottismo illuministico). Il secondo modello, al contrario, intende inserire l’individuo in un contesto sociale e politico che si estende sempre più, fino a raggiungere la “cosmopoli”, la dimensione planetaria (dall’universalismo stoico ai progetti di pace perpetua – o di federazione universale dei popoli – del Settecento). Nel linguaggio filosofico razionalistico della cultura classica come di quella illuministica la dimensione cosmopolitica dell’uomo viene legata alla sua essenza razionale, ma questa natura razionale può essere giocata in due modi: come universalità negativa che distrugge la particolarità delle convenzioni sociali e politiche o come universalità positiva che lega tutti gli uomini tra di loro. Entrambi i modelli hanno una forte valenza emancipatrice, vuoi esaltando la libertà dell’individuo vuoi immaginando una comunità internazionale che supera i limiti delle realtà ristrette. Ma entrambe hanno bisogno di un correttivo che ne attenui le unilateralità. Ed entrambe hanno probabilmente bisogno anche di un secondo correttivo, che integri il razionalismo a volte ingenuo che le sottende con coscienze identitarie che nascono intrinsecamente dalla società e dalla storia. Le vicende politiche e sociali che hanno contrassegnato gli ultimi decenni e segnano ancora la più prossima attualità – dapprima la fiducia nel processo di integrazione dei popoli, di cui l’Unione europea è stata la più concreta realizzazione, dall’altro il riemergere dei particolarismi, sia nella forma estrema dell’individualismo sia in quella più larga, e più pericolosa, dei populismi e dei nazionalismi – ci invitano a ripensare quei modelli per apprendere da essi e, nello stesso tempo, andare oltre di essi.
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.