Mimesis

Imitazione e costruzione della realtà nelle arti figurative

  • venerdì 27 Novembre 2015 - 17.30
Centro Culturale

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La poliedricità del significato di mimèsi è già evidente nei dialoghi platonici, nei quali tale concetto viene utilizzato con due accezioni differenti: da un lato, come rievocazione dei riti e dei misteri del culto dionisiaco; dall’altro, con un significato che avrà maggiore diffusione, come riproduzione della realtà, attraverso la scultura e le arti teatrali. Il termine mímesis si affianca quindi a quello di arte come processo riproduttivo-fabrile. Tuttavia nello Ione, nel Fedro e nelle Leggi platoniche, dove il poeta, o meglio l’aedo, è un invasato – niente altro che un “interprete di interprete” (ma tale duplice passaggio interpretativo non ha connotati gnoseologicamente negativi) – e l’arte del poetare è un nobile delirio, la poesia non è che la manifestazione di una divina mania. Nella Repubblica, invece, la poesia, insieme alle altre arti, è riproduzione passiva del reale. E proprio per tale carattere di mera riproduzione, per giunta menzognera in quanto due gradi lontana dalla verità, cioè dal mondo delle idee, Platone condanna la mímesis e con essa l’arte stessa.
La centralità del problema estetico in Aristotele è testimoniata sia dalle pagine della Poetica sia da alcuni passi della Retorica (III libro), dell’Etica nicomachea e dell’Etica eudemia. Nel suo pensiero traspare un’inclinazione conoscitiva e edonistica dell’imitazione. Infatti, il piacere nasce non solo dal riconoscimento del modello attraverso la copia ma anche dall’abilità tecnica, con la quale l’imitazione viene eseguita. Inoltre, l’attività imitativa non è mai per Aristotele una duplicazione puramente meccanica, ma consegue a un’operazione razionale che procura piacere. L’imitazione, da mezzo espressivo, diventa fine dell’arte. Sarà invece Cicerone, nel De oratore, a sottolineare il carattere inventivo della mimèsi e ad affermare che l’oggetto della rappresentazione artistica non consiste nella mera copia dell’originale della natura, ma in un’immagine ideale, prodotta dalla mente dell’artista. L’imitazione è quindi una libera rappresentazione di un modello ideale. Con il neoplatonismo l’imitazione dell’idea assume un significato diverso, in quanto, mentre l’imitazione di un prodotto della natura, quale estrema e più imperfetta emanazione del Principio primo, non può produrre il bello, l’imitazione dell’idea realizza il desiderio di unione con la realtà intelligibile, anche in base alla somiglianza che tale realtà presenta con la natura dell’anima. Tale accezione sarà recuperata, sebbene in contesti ovviamente diversi, da Agostino, per il quale deve sussistere un rapporto di similarità e di armonia tra la cosa bella e l’anima.
Nell’Umanesimo e nel Rinascimento l’imitazione diviene un concetto dell’arte assai diffuso. Da un lato si sviluppa la tesi secondo cui non è tanto la natura che va imitata, ma sono soprattutto le opere degli antichi a diventarne l’oggetto. Dall’altro si fa esplicita un’antica accezione del concetto di mimèsi, legata all’idea di “copia fedele della realtà”, che incentiva gli studi sulle regole per una corretta costruzione prospettica. […]
Tra poetica e retorica, tra i concetti di arte, di bello, di mimèsi, la riflessione sull’arte prende le mosse e si sviluppa dall’Antichità a noi. È vero, fino al Settecento non si può parlare di estetica, almeno nell’accezione che, da Baumgarten in poi, è diventata di uso comune. Nonostante ciò i più pressanti problemi, che ancora oggi sono di dominio dell’estetica, erano già esplorati da poeti, artisti, filosofi e retori del mondo antico e medievale. Non è possibile dimenticare quel percorso, in cui affonda le sue radici la storia dell’estetica. E allora, nonostante le molte contraddizioni, le mille sfaccettature di un’epoca durata tanti secoli, ci si rende conto che parlare di estetica significa anche parlare delle sue remote origini, le stesse dalle quali nasce il pensiero filosofico occidentale.

(da E. Franzini e M. Mazzocut-Mis, Breve storia dell’estetica, Milano, Mondadori, 2003, pp. 2-4)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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