La lezione introduttiva del ciclo propone una riflessione intorno all’odierno ritorno d’interrogazione sul male, in un contesto nel quale tematiche religiose, dal peccato al perdono al martirio, diventano oggetto delle più ardite secolarizzazioni. Nel progetto filosofico e politico della modernità era iscritta anche la neutralizzazione del male: la secolarizzazione implicava il sostanziale ridimensionamento dell’immaginario del peccato e del senso di colpa: le filosofie della storia vedevano in un progresso che includeva anche componenti morali la graduale eliminazione della sofferenza causata dall’uomo. Ma la negazione del male, alla fine, è stata smascherata come la “menzogna vitale” della modernità.
L’età contemporanea non ha soltanto fornito lo scenario per le manifestazioni di un male che è stato definito assoluto bensì anche l’alveo di un’iniquità quotidiana che si accompagna alla stupidità, all’insensibilità, al senso d’irresponsabilità e d’impunità: il male abita il nostro tempo non solo nell’eccezione ma in quella normalità in cui gli orizzonti di colpa sfumano nell’indeterminazione degli automatismi sociali. Sia in rapporto al male estremo sia in riferimento alle manifestazioni della banalità del male l’umanità contemporanea fa esperienza dell’inadeguatezza del suo strumentario giuridico e morale.
Nell’immaginario politico contemporaneo i problemi connessi a tale disagio emergono con particolare evidenza. Strategie di criminalizzazione e rituali di colpevolizzazione continuano a condizionare e orientare l’agire politico. E’ pertanto meritevole d’indagine quel sottosuolo della coscienza morale che alimenta, in controtendenza rispetto alla dominante ideologia giuridica – che opera mediante il consolidato paradigma dell’imputazione delle responsabilità individuali –, il processo di collettivizzazione della colpa e quindi la colpevolizzazione di intere società o gruppi sociali.
Riferimenti Bibliografici
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