presiede
Vita Fortunati
intervengono
Cesare Giacobazzi
Barnaba Maj
Rita Monticelli
in collaborazione con
ACUME – European Thematic Network
Per oltre due millenni la scrittura è stata la metafora principe della memoria. (…)
La fissazione scritta del testo non è inoltre solo un mediatore di eternità, ma anche un supporto per la memorizzazione: è al contempo mediatore e metafora della memoria. Scrivere e incidere sono le più antiche metafore della memoria nonché, ancor oggi, le più attuali lungo tutto l’arco della storia dei mediatori. La scrittura è stata descritta anche come polo opposto, nemico, e demolitore della memoria, nonostante le azioni dello scrivere e dell’incidere siano così simili al meccanismo della memoria da esserne diventate le metafore più importanti. E forse non a caso. Esiste infatti il pericolo che operazioni e funzioni proprie della memoria vengano estese alla scrittura, vengano ad essa affidate per finire così esternalizzate. Non si è più obbligati a praticare ed esercitare in modo imperfetto e faticoso ciò che il mediatore realizza con maggiore facilità e precisione. In altre parole la scrittura atrofizza la memoria. (…)
Il topos della fissazione scritta del testo intesa come «fatto spirituale» viene da lontano. Risale alla tematica rinascimentale della concorrenzialità fra scrittura e arti figurative nella mediazione della memoria. La superiorità della scrittura come mediatore della memoria viene consolidata perché le si oppone un rivale che, da questa contesa, esce piuttosto malconcio. Rivali della scrittura sono infatti, in questo caso, pittura, scultura e architettura. Per queste arti vale il principio che non riescono a proteggere efficacemente nel tempo gli oggetti della loro rappresentazione, perché la «tempesta del tempo» si abbatte su di loro mandandoli in rovina. Nell’ambito della scrittura invece – questa la tesi degli umanisti rinascimentali – ciò non avviene, perché i significati che essa veicola non subiscono un analogo processo di erosione. (…)
Nella civiltà occidentale il problema della memoria culturale si è aggravato sotto la spinta di nuovi mezzi di comunicazione che posseggono capacità di archiviazione incredibili, imprimono un ritmo sempre più incalzante alla circolazione delle informazioni. Reti di comunicazione sempre più fitte collegano le regioni più distanti. La radio e la televisione trasmettono i loro programmi via satellite, in tutto il mondo, alla velocità del pensiero e senza pausa. La capacità di archiviazione dei nuovi elaboratori fa saltare i confini della memoria culturale. Il flusso delle immagini televisive rende obsoleta la scrittura come principale metafora della memoria; le nuove tecnologie informatiche si basano su un diverso tipo di scrittura, quella digitale, che, nella sua forma fluida, non ha più nulla a che fare con la vecchia gestualità dello scrivere. La scrittura non mette più a fuoco la differenza fra ricordo e oblio.
(da A. Assmann, Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale, il Mulino, Bologna, pp. 21, 205-06, 212, 237)
Riferimenti Bibliografici
- J. Assmann, La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità politica nelle grandi civiltà antiche, Torino, 1997;*
- H. Bloom, Il canone occidentale. I Libri e le Scuole delle Età, Milano, 1996;*
- M. Halbwachs, I quadri sociali della memoria, Napoli e Los Angeles, 1997;*
- F. Nietzsche, Sull‘utilità e il danno della storia per la vita, Milano, 1988;*
- P. Ricoeur, La memoria, la storia, l’oblio, Milano, 2003.*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
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