"Lui stava ancora dormendo. Il curato chiese alla nipote le chiavi della stanza dove stavano i libri autori del malanno, e lei gliele diede ben volentieri. Vi entrarono tutti, compresa la governante, e trovarono più di cento volumi grandi e ben rilegati, e altri più piccoli; e la governante, appena li vide, uscì in gran fretta dalla stanza e rientrò un attimo dopo con una scodellina d'acqua benedetta e un aspersorio, dicendo:
– Tenga, signor dottore; ne asperga la stanza, che non ci sia qualcuno di quei maghi di cui son pieni questi libri, che tenti d'incantarci per vendicarsi del castigo che vogliamo dar loro cacciandoli da questo mondo.
Rise il curato per l'ingenuità della donna, e ordinò al barbiere che gli passasse i libri ad uno ad uno, per vedere di che trattavano, perché poteva darsi che ce ne fossero di quelli che non meritavano il castigo del fuoco.
– No, disse la nipote -; non bisogna risparmiarne nessuno, perché son stati tutti responsabili del male; sarà meglio scaraventarli dalla finestra nel patio, farne una catasta e appiccarvi il fuoco; oppure portarli in cortile e fare lì il rogo, così non darà molestia il fumo.
La governante fu d'accordo: tanta era la voglia che avevano entrambe di dar morte a quegli innocenti; ma il curato non accondiscese senza aver prima almeno letto i titoli."
Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia, Einaudi, Torino, 2003