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Una delle caratteristiche della modernità che è indubbiamente più legata alla storia del protestantesimo è la separazione tra la sfera religiosa e la sfera civile, che fu chiaramente formulata dal filosofo protestante John Locke (1632-1704) nella Lettera sulla tolleranza scritta in Olanda nel 1685.
Se la separazione tra stato e chiesa fu inizialmente estranea all’esperienza storica delle chiese nate dalla Riforma, il principio si trova già nel pensiero politico di alcuni riformatori, in particolare in Calvino. Per il riformatore di Ginevra, l’ordinamento civile e l’organizzazione della chiesa costituivano due ambiti delimitati di compiti e responsabilità: ai magistrati dei «consigli cittadini» spettava la direzione politica per garantire la convivenza pacifica dell’osservanza delle leggi, mentre alla «Compagnia dei pastori» era affidata la predicazione e il «Concistoro» aveva il compito di dirigere la vita della chiesa senza potere giuridico sul piano civile. Si spezzava cosi la visione medievale che integrava in un tutto organico il potere politico e il potere ecclesiastico e si apriva la strada all’autonomia e alla laicizzazione del secolare.
Anche l’importanza che Lutero aveva attribuito al comandamento di «dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» esigeva una separazione netta tra l’ambito degli affari umani, relativi e contingenti, e la dimensione della grazia divina, ma nelle sue incarnazioni storiche successive il protestantesimo seguì due linee diverse.
La prima, che s’incarnò nelle chiese luterane dell’Europa del Nord e nelle chiese congregazionaliste della Nuova Inghilterra, riconobbe la distinzione tra la sfera religiosa e quella civile ma le mantenne collegate e, a volte, strettamente connesse.
La seconda, che trovò espressione prima nei movimenti della Riforma radicale e poi nelle chiese non conformiste (o dissenzienti) del mondo anglosassone, mantenne sempre una separazione formale e sostanziale tra le due sfere, cercando di realizzare l’autonomia e l’indipendenza delle comunità di credenti rispetto alla società civile. Mennoniti, hutteriti e altri, prima in Europa e poi nelle Americhe, crearono comunità che vivevano (e vivono ancora oggi) in piena autonomia rispettando l’autorità politica, ma senza sottostare a leggi ritenute contrarie alla testimonianza cristiana, come il servizio militare e la partecipazione armata alle guerre. Anche i quaccheri e i battisti hanno nel loro Dna la rivendicazione della libertà religiosa, da cui deriva la dottrina sovversiva della separazione tra chiesa e stato, e contribuirono in modo significativo al raggiungimento della piena libertà religiosa e di coscienza negli Stati Uniti. Nel periodo formativo della nazione americana, all’identificazione simbolica tra l’ordine religioso e quello politico, che era comparsa nel clima di entusiasmo rivoluzionario della metà degli anni Settanta del XVIII secolo, subentrò una sempre più netta distinzione tra i due ordini, come conseguenza di una riflessione critica provocata non solo da realtà concrete ma anche da motivazioni di carattere religioso, perché la forte identificazione tra comunità religiosa e stato repubblicano aveva violato il principio della chiesa invisibile e mai del tutto identificabile con una particolare espressione. La prima assemblea legislativa a separare esplicitamente l’ordine religioso da quello politico fu quella della Virginia che nel 1786, dopo un lungo dibattito, approvò uno Statuto sulla libertà religiosa che, per salvaguardare tale libertà, stabiliva il principio della separazione tra stato e chiesa; il disegno di legge era stato presentato da Thomas Jefferson nel 1779 per difendere la libertà di coscienza come diritto civile, in quanto diritto naturale di ogni uomo, e per la sua approvazione fu determinante il Memoriale preparato da James Madison nel 1785. Vale la pena ricordare che Jefferson era un deista convinto e, come tale, credeva in un Creatore, «Grande Architetto», ma rifiutava l’elaborazione dottrinale del cristianesimo e vedeva in Gesù soltanto un eminente maestro di morale, mentre Madison era membro della chiesa episcopale ed era stato influenzato, durante gli studi al College del New Jersey (poi Princeton University), dal presbiteriano John Witherspoon, importante esponente della versione scozzese dell’illuminismo nella quale erano confluite la teologia e la filosofia politica federale, le cui origini risalivano, attraverso le comunità riformate dell’Olanda e della Germania, fino alla Zurigo di Bullinger. Il riconoscimento di uno spazio religioso distinto e separato dalla sfera del governo repubblicano si affermò anche a livello federale e, con il Primo emendamento approvato dal Congresso nel 1789 e ratificato due anni dopo, la libertà religiosa e di coscienza sarà definitivamente iscritta nella Costituzione degli Stati Uniti.
(da M. Rubboli, Protestantesimo e modernità, in G. Filoramo, a cura di, Le religioni e il mondo moderno, 3 voll., Torino, Einaudi, 2008, vol. 1: Cristianesimo, a cura di D. Menozzi, pp. 285-287)*
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