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Una posizione relativista di contrapposizione diretta e uniforme tra culture non tiene presente che ogni concezione alternativa dei diritti, «rivolta sia verso fini filosofici sia verso obiettivi politici, ignora l’evolvere della cultura giuridica dei diritti umani basata sulla Dichiarazione universale dei diritti umani che interpreta i diritti civili-politici e quelli economici-sociali-culturali in modo interdipendente e indivisibile, e inoltre non tiene in considerazione i precedenti e i contributi provenienti dalle altre culture». I decenni che ci separano dal 10 dicembre 1948 hanno visto la crescente partecipazione, sul tema dei diritti umani, di personalità, organismi, comitati, gruppi e associazioni tutt’altro che riconducibili, esclusivamente, alla cultura o alla storia dell’Occidente. A meno di non considerare plagiato o egemonizzato chiunque si dichiari – in Africa, Asia, Medio Oriente – a favore dei diritti umani, non si può che riconoscere che gran parte dei contributi innovativi emersi su questo terreno provengono proprio, e non casualmente, da ambiti culturali non occidentali e da esperienze di sincretismo culturale che sono un risultato storico, ormai ineliminabile, della globalizzazione.
Non va sottovalutato il fatto che, nell’odierna discussione sui diritti umani, vi sono tendenze – che si possono certamente considerare unicamente occidentali – volte a riaffermare una sorta di supremazia dei diritti civili e politici su tutti gli altri, a privilegiare, cioè, i diritti di prima generazione su quelli di generazioni successive. Tale tendenza rappresenta un puntello non indifferente per chi individua nella cultura dei diritti umani il perno di un necessario – oltre che possibile – scontro di civiltà; essa, tuttavia, rappresenta la negazione dell’intero processo di sviluppo della cultura dei diritti che si è manifestato a partire dalla Dichiarazione universale. Vi è anche, d’altro canto, chi ritiene problematica e pericolosa la tendenza alla specificazione dei diritti che si è manifestata nell’ultimo ventennio: «La proliferazione non necessaria dei diritti umani rischia di svalutare proprio l’idea dei diritti umani e così di indebolire sottilmente ogni diritto umano» (J. Donnelly). […]
Se è stato grazie alla trasformazione culturale dell’Occidente che i diritti proclamati universali sono diventati tali non solo per i proprietari maschi e bianchi, ma anche per le donne e per i neri, è probabile che la loro accettazione anche altrove sia il risultato di una lotta tra culture diverse che coesistono all’interno di uno stesso paese e di una stessa tradizione. Sottolineare la «potenzialità» dei diritti a diventare universali è certamente diverso dal riconoscerne come attuale la validità universale; è un modo, forse, più storicizzato e meno legalistico di affrontare la questione, ma si muove nel senso opposto a un relativismo che oppone, come inconciliabili, «diritti» occidentali e «cultura» dei paesi emergenti.
La consapevolezza della necessaria coesistenza – e del possibile conflitto – tra le diverse generazioni di diritti è uno degli aspetti più importanti e innovativi di questi ultimi anni. Riconoscere la diversa tipologia (tra diritti individuali e di gruppo, tra libertà negative e positive, tra obblighi giuridici e doveri morali) non dovrebbe impedire di unificarne le molteplicità all’interno di una più ampia e condivisa visione dei diritti umani. «In pratica, così come in linea di principio, è urgente comprendere i termini in cui particolari culture, a molteplici livelli sociali, descrivono e circoscrivono i comportamenti intollerabili e l’appartenenza di chi necessita di protezione nella comunità umana. Solo attraverso una comprensione culturale sarà possibile formulare, implementare e proteggere i diritti umani in un mondo pluralista» (E. Messer).
(da M. Flores, Storia dei diritti umani, Bologna, Il Mulino, 2008, pp. 296-298)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.