La Shoah e l’identità europea

Riconciliazione delle nazioni e politiche della memoria

  • Enzo Traverso

    Professore di Scienza politica – Université de Picardie “Jules Verne”, Amiens

  • giovedì 07 Aprile 2005 - 17.30
Centro Studi Religiosi

[…] L’Olocausto è oggi riconosciuto come uno degli episodi più tragici della storia dell’umanità ed è diventato il paradigma della violenza del XX secolo se non, in senso più ampio, della modernità. Occupa una posizione di primo piano nella coscienza storica del mondo occidentale e nulla lascia supporre che si tratti soltanto di un fenomeno congiunturale, effimero. […] Tutti i paesi toccati direttamente o indirettamente dal genocidio degli ebrei adottano la loro politica commemorativa, conservando i resti dei campi di transito, di concentramento e di sterminio, istituendo delle giornate della memoria, creando dei monumenti e dei musei. La deportazione razziale occupa oggi in seno alla memoria collettiva – è questo uno dei tanti paradossi di cui è ricca la storia – una posizione ben più grande di quella riservata alla deportazione politica, esattamente all’opposto di quanto avveniva nel dopoguerra quando, durante le commemorazioni ufficiali, la valorizzazione degli eroi – i combattenti antifascisti – eclissava largamente l’attenzione portata alle vittime anonime. […] Benché eretta a «religione civile» del mondo occidentale, la Shoah rimane quindi un nodo conflittuale del presente, in quanto momento di condensazione di processi diversi: dalle interpretazioni del passato (apologetiche o colpevolizzanti) alla costruzione delle identità (ebraica, tedesca, europea, israeliana, americana, ecc.), passando attraverso la richiesta di riparazioni materiali e simboliche. A volte, come abbiamo già constatato, essa diventa un prisma di lettura dell’attualità. È il destino di tutte le memorie vive, non imbalsamate. La storiografia ha grosso modo seguito i percorsi della memoria, spesso intrecciandosi con essa, come ha mostrato l’Historikerstreit e come indicano il ruolo svolto dagli storici nei processi e nelle commissioni create dai governi per procedere alla valutazione dei danni e delle riparazioni, nonché la loro continua sollecitazione da parte dei media. Non sarebbe difficile dimostrare che la produzione storica sul nazismo ha conosciuto un balzo in avanti al momento dell’anamnesi e raggiunto il suo apogeo in quella dell’«ossessione». La storiografia è al contempo debitrice della memoria, dalla quale trae impulsi e stimoli, e sua «custode», nella misura in cui contribuisce a modellarla, orientarla e legittimarla. Certo questa corrispondenza non è sempre lineare – e a volte storia e memoria possono entrare in collisione – ma non può neppure essere ignorata. Glii storici non vivono in una camera refrigerata, al riparo delle passioni del mondo. Hanno una memoria, una cultura, dei valori, un’esperienza vissuta che spesso orientano e condizionano le loro scelte. Ciò non impedisce di svolgere indagini rigorose e oggettive, né di adottare, se necessario, un atteggiamento critico autoriflessivo, ma è bene che siano coscienti di questa interazione tra il sapere di cui sono produttori e la memoria della società in cui vivono. Potranno evitare così sia di proiettare anacronisticamente sul passato la doxa del loro tempo, sia di coltivare l’illusione di raggiungere una verità definitiva.
Enzo Traverso, Auschwitz e gli intellettuali. La Shoah nella cultura del dopoguerra*, Il Mulino, Bologna, 2004, pp. 228-229; 236-237)

Riferimenti Bibliografici


- D. LaCapra, Representing the Holocaust. History, Theory, Trauma, Cornell University Press, Ithaca, NY, 1994;
- P. Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino, 1986;*
- P. Ricoeur, La memoria, la storia, l’oblio, Cortina, Milano, 2003;*
- P. Vidal-Naquet, Gli assassini della memoria, Editori Riuniti, Roma, 1993.*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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