Non tutto il potere è politico-militare. Secondo Weber, esistono due altre forme di potere, risultanti per un gruppo dalla sua capacità di far proprie risorse diverse da quelle su cui poggia la violenza organizzata, e di servirsene per realizzare i propri interessi. La seconda forma, il potere economico, si basa su risorse relative alla produzione e distribuzione della ricchezza materiale; un gruppo che si appropria di quelle strategicamente più significative in una determinata situazione, escludendone altri gruppi, può in tal modo limitare fortemente la loro autonomia, e possibilmente costringerli, per sopravvivere, a venire sul mercato come titolari di risorse economiche meno significative – tipicamente, la pura forza-lavoro – e quindi a prestare attività economiche in condizioni di inferiorità e subordinazione. C’è poi una terza forma di potere, più difficile da concettualizzare. Riprendiamo il motivo centrale di quella che abbiamo chiamato l’antropologia filosofica di Weber – la necessità, per i membri dell’umana specie, di porre qualche ordine nella realtà che li circonda e che non ha un ordine a sé intrinseco. Come si è visto, gli esseri umani reagiscono a questa situazione selezionando determinati aspetti della realtà e attribuendo loro un significato che è necessariamente arbitrario, ma che serve allo scopo di orientare l’agire solo se la sua arbitrarietà non è riconosciuta. Questa contraddizione può essere sanata se i significati sono visti come dettati da un volere necessariamente giusto e valido, come aspetti di un messaggio trascendente, la cui bontà e verità gli individui non possono negare […]. Consideriamo questo processo come una posta del rapporto tra Stände, tra gruppi. Storicamente, cioè in determinate circostanze, uno di questi gruppi riesce a imporsi come depositario e come tramite di un messaggio talmente autorevole da dover essere considerato valido anche da altri gruppi, anzi possibilmente da tutti i gruppi; esso si impone come fonte primaria di una definizione, quanto più possibile condivisa e accettata, di ciò che è e di ciò che deve essere. Anche se i gruppi impegnati in questa contesa possono in determinati momenti giovarsi di risorse politico-militari ed economiche, la risorsa fondamentale nella contesa in questione è la capacità, per un determinato gruppo, di far valere come sacri i propri modi di intendere la realtà, i propri valori, e quindi di farli valere come premesse e criteri per l’agire generale. Nella contesa è dunque decisivo il momento simbolico.
(da G. Poggi, Incontro con Max Weber, Bologna, il Mulino, 2004, pp. 50-51)*
Riferimenti Bibliografici
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