a cura di Claudio Longhi
testi scelti da Carlo Altini
immagini a cura di Riccardo Frati
regista assistente Giacomo Pedini
con Donatella Allegro, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Simone Tangolo
La lettura delle ore 17.30 e la replica delle ore 21 si tengono presso il Teatro della Fondazione San Carlo (via San Carlo 5, Modena).
Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria, effettuabile da 20 al 23 aprile. Prenotazioni solo telefoniche, dalle ore 9 alle ore 19, allo 059.421240 o allo 059.421208.
«E così ci hanno ammazzato Ferdinando!» disse la governante al signor Svejk che – avendo ormai anni addietro lasciato l’esercito, dopo che una commissione medica militare l’aveva definitivamente dichiarato un idiota – sbarcava attualmente il lunario smerciando cani, degli orrendi mostriciattoli bastardi per i quali pensava lui stesso a stilare fittizi pedigree. Oltre a praticare tale professione, egli era anche affetto da reumatismi, e in quel preciso istante stava giusto applicandosi alle ginocchia l’Opodeldoc.
«E quale Ferdinando, signora Müllerova?» chiese Svejk senza neanche smettere di massaggiarsi le ginocchia. «Io di Ferdinandi ne conosco due. Il primo, lui fa il garzone dal droghiere Prusa, e una volta gli aveva anche bevuto per sbaglio un’intera bottiglia di lozione per capelli, e poi ne conosco ancora un altro, tale Ferdinando Kokoska, che è quello che raccoglie la cacca dei cani. In nessuno dei due casi si tratterebbe poi di una gran perdita».
«Ma, signor mio, io intendevo l’arciduca Ferdinando, quello di Konopiste, quello grasso, quello così religioso».
«Diosanto», urlò Svejk, «questa sì che è bella. E dov’è che all’arciduca Ferdinando gli è capitata questa cosa qua?».
«Gli hanno sparato addosso a Sarajevo, signor mio, con una rivoltella, ma pensate un po’ voi. Lui stava lì che se ne viaggiava in automobile insieme alla sua arciduchessa».
«È questo il punto, signora Müllerova: in automobile. Proprio così, un signore come lui una cosa del genere se la può permettere, e nemmeno gli passa per l’anticamera del cervello che una simile scarrozzata in automobile può anche finir male. E oltretutto anche a Sarajevo, signora Müllerova, vale a dire in Bosnia. Quasi certamente è tutta opera dei turchi. Noi, a quelli lì, la Bosnia e l’Erzegovina non dovevamo proprio prendergliela. Ecco poi quello che succede, signora Müllerova. E così il signor arciduca se ne riposa ormai in pace. E ha sofferto a lungo?».
«Il signor arciduca c’è rimasto secco all’istante, signor mio. Voi lo capite bene che con una rivoltella non è che si scherza mica. Poco tempo fa è successo che da noi, a Nusle, uno si era messo a giocherellare allo stesso modo con una rivoltella, e alla fine ci aveva fatto fuori l’intera famiglia, ivi compreso il portinaio che era andato a vedere chi è che se ne stava lì a sparare al terzo piano».
«Ci sono rivoltelle, signora Müllerova, che non vi esplodono un colpo neanche a dar fuori di matto. Di sistemi a disposizione ce n’è parecchi. Ma per il signor arciduca si saranno di sicuro comprati qualcosa di una certa qualità, e ci scommetterei pure, signora Müllerova, che quello che l’ha fatto ci si era pure acchittato tutto per benino. Ma si capisce: sparare a un signor arciduca è un lavoro maledettamente difficile. Non è mica la stessa cosa di quando un bracconiere tira a un guardacaccia. Il problema, qui, è come arrivarci vicino: un signore del genere non potete mica avvicinarlo con indosso degli stracci. Dovete presentarvi col cilindro in testa, per non venire arrestato prima da qualche poliziotto». […] «Son cose, queste, che si svolgono in maniera straordinariamente veloce, signora Müllerova, in maniera tremendamente veloce. Io, per una faccenda del genere, mi sarei comperato una browning. Sembra un giocattolo, ma con un affarino simile nel giro di due minuti ne potete far fuori venti di arciduchi, magri o grassi che siano. Anche se poi, detto in tutta confidenza, signora Müllerova, un arciduca grasso riuscite pure a centrarlo con molta più facilità che non uno magro. Non so se vi ricordate di quella volta che, in Portogallo, avevano sparato al loro re. Anche lui era bello grasso. Lo capite bene che un re non può certo essere magro».
(da J. Hasek, Le vicende del bravo soldato Svejk durante la guerra mondiale, trad. it. di G. Dierna, Torino, Einaudi, 2010, pp. 7-11)