[…] I musulmani liberali che vivono in Europa auspicano che le rapide trasformazioni in corso nell’Islam del Vecchio Continente possano estendersi all’intero mondo musulmano. In Europa libertà religiosa, mancanza di evidenza e conformismo sociale possono favorire una riforma della cultura islamica. Nel nuovo contesto pluralista l’Islam è quotidianamente a confronto con altre religioni e con la democrazia; tale processo induce a rimettere in discussione le certezze acquisite, favorisce la ricerca personale e la spiritualità. La fede vissuta fuori dalla dimensione istituzionalizzata della religione, tanto più in un contesto in cui essa non è tratto dominante, spinge nella direzione della costruzione dell’individuo. Un viatico necessario per l’affermazione della democrazia. Nonostante il suo carattere di «religione organica», che tende a creare una relazione stretta con l’ambiente circostante, anche Bassam Tibi, politologo tedesco di origine siriana, ritiene l’Islam compatibile con la democrazia. Tibi individua nella mancata differenziazione tra individuo e comunità, nella scarsa consonanza con il pluralismo, esemplificata dalla sorte delle minoranze religiose non accettate ma solo «tollerate», le caratteristiche organiciste che limitano l’affermazione di una cultura democratica nel mondo musulmano. Tibi nutre, tuttavia, speranze in quella che definisce la costruzione dell’Euroislam: una concezione della religione, compatibile con i principi democratici divenuti cardine della tradizione costituzionale europea, che si forgia nell’esperienza quotidiana dei musulmani nel Vecchio Continente. L’Euroislam non implica l’abbandono dell’Islam. Si tratta, piuttosto, di un adattamento della religione per renderla compatibile con le istituzioni europee. Tibi ritiene che tale trasformazione sia praticabile: a suo avviso «l’Islam è ciò che di esso si fa» e non ciò che dice di essere; è più che mai ortoprassi, anziché immobile combinazione di teologia e diritto. Tibi ricorda come, in molte fasi della sua storia, l’Islam abbia mostrato flessibilità e capacità di mutamento. Per produrre oggi un analogo esito, i musulmani europei devono fare propria una nuova interpretazione dell’Islam, che contempli la separazione tra politica e religione e la conseguente accettazione della laicità. Inoltre, i musulmani dovrebbero interiorizzare l’idea di accesso alla scena pubblica in quanto cittadini e non in quanto musulmani; in nome della loro identità democratica, non della loro identità religiosa; come fruitori di diritti individuali, non di diritti collettivi. Non a caso, Tibi ricorda che in Europa quello alla libertà religiosa è un diritto individuale e non collettivo. Se questa concezione della scena pubblica e dei diritti non diventerà patrimonio dei musulmani, non solo – afferma Tibi – non ci sarà alcuna riforma nel mondo islamico; ma diventerà anche difficile la stessa convivenza in Europa tra musulmani e non. Per questo è importante che i musulmani respingano il tentativo islamista di contrastare il ripensamento di categorie sociali, politiche e culturali, come la differenziazione sociale, l’individualismo e la separazione tra politica e religione. L’Euroislam di Tibi si fonda su una visione dell’integrazione dei musulmani in Europa alternativa a quella, teorizzata dagli islamisti, fondata sulla proliferazione delle «società parallele». Per Tibi l’Islam in Europa deve riconoscere la presenza di una preesistente comunità valoriale fondata sul consenso e sul pluralismo culturale anziché sul multiculturalismo.
(Renzo Guolo, L’Islam è compatibile con la democrazia?, Roma-Bari, Laterza, 2004, pp. 117-119)*
Riferimenti Bibliografici
- M. Campanini, Islam e politica, Milano, 1996;*
- K. Fouad Allam, L’islam globale, Milano, 2002;*
- T. Ramadan, Essere musulmano europeo, Troina, 2002;*
- B. Tibi, Euroislam, Venezia, 2003.
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