Opera sacra ricca di colori, il “Mandala di Kalachakra” o “Ruota del Tempo” è un supporto all’iniziazione e alla meditazione che coinvolge non solo l’essere umano – il suo corpo, la sua parola, il suo spirito – ma il mondo esterno nella sua interezza – cosmologico e astrologico. La pratica completa del Mandala permette di raggiungere il Risveglio, lo stato di buddha, in una sola vita. Oggi, i lama tibetani realizzano questa Ruota – concepita nel VI secolo a.C. – perché la pace si installi in ciascun uomo e sulla terra. Il rituale più consolidato vuole che il Mandala venga realizzato in polveri colorate. I monaci lavorano con l’aiuto di un righello, di un compasso e di una corda. Essi tracciano innanzitutto un diagramma in blu o in granata – blu come il cuore del mandala; granata come gli abiti monastici – su di un supporto orizzontale, procedendo alla realizzazione del mandala andando dal cuore alla periferia, cammino inverso rispetto a quello che seguirà il novizio.
Il primo sguardo del novizio sarà per ciò che i monaci colorano per ultimo, i sei cerchi che racchiudono il “palazzo di Kalachakra” e che simbolizzano l’universo. La Ruota del Tempo è infatti un “palazzo divino” dove risiedono 722 dei. Al centro, nel suo cuore, su di un fiore di loto, un buddha: Kalachakra. Il palazzo conta cinque piani, concretizzati in cinque quadrati imbricati gli uni negli altri, che sono altrettanti mandala: i mandala del corpo, della parola, dello spirito, della “coscienza primordiale”, e infine, al centro, con il suo loto, il mandala della “felicità suprema”, fine di questo percorso iniziatico.
Dopo tre giorno di lavoro minuzioso, le polveri saranno composte, secondo il rito, come una fine scrittura di granelli di sabbia, ma il mandala non sarà ancora veramente compiuto. I monaci infatti dovranno alla fine disperderlo e mescolarlo simbolicamente alla terra.