A partire dal IV secolo dopo Cristo nasce e si diffonde, all’interno della società ‘pagana’ tardo antica, il modello dell’uomo maestro di vita che unisce in sé la sapienza e la santità vista come un particolare tipo di rapporto con il divino. Al di là dei casi estremi in cui ci viene presentata, per esaltarla, la figura di un vero e proprio taumaturgo (Apollonio di Tiana) o, per farne la satira, quella di un finto mago (Alessandro di Abonuteico) sono spesso i filosofi che diffondono questo ideale ed insieme lo incarnano; così facendo, essi esercitano una funzione importante nel complicato intreccio di rapporti sociali e politici che caratterizza la tarda antichità. Ma nell’impero post-costantiniano, all’interno del Cristianesimo, nasce e si diffonde un altro e concorrenziale modello di vita: quello del monaco. Proprio nei monaci i filosofi ultimi difensori dell’ellenismo individueranno i loro nemici più pericolosi. Saranno infatti loro che, attraverso un processo dalle molte facce (dalla violenza pura all’assorbimento molecolare) arriveranno a sostituirli nella funzione di ‘direttori spirituali’, fino a quando nell’ Alto Medioevo latino i termini di monachus e di philosophus risulteranno pressoché sinonimi.
Riferimenti Bibliografici
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