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Il «pensiero» delle sacre icone conduce sul valore della trascendenza, di cui esse sono, nello spazio, l’immagine temporale, l’istante dell’accesso all’eterno. In questo modo il senso semantico dell’icona sembra quasi condurre il simbolo verso il segno: è infatti immagine che rinvia a un solo significato, cioè l’attestazione del divino. D’altro lato, l’icona è il modello della simbolicità, in quanto il suo paradigma – vedere l’invisibile – ha, al di là della storia stessa, una funzione cognitiva che fonda il senso della simbolicità indipendentemente dal carattere univoco del suo riferimento trascendente. Il significato paradigmatico della sacra icona per una definizione teorica del simbolo si dimostra in modo semplice ed efficace: tale paradigma persiste – e articola il suo senso – anche nel momento in cui non solo perde spessore il riferimento dell’icona alla trascendenza divina, ma anche quando la sua stessa struttura raffigurativa e formale muta i suoi temi, non raffigurando più il volto di Cristo o le storie sacre, e al tempo stesso sfuggendo alla rappresentazione mimetica.
Gli esempi, nel loro valore empirico e non trascendentale, possono essere, nell’arte del Novecento, innumerevoli, e con una ben precisa funzione: la rappresentazione è un orizzonte composito, che non si identifica affatto con ciò che è stato chiamato «imitazione»; rappresentare significa «rinviare» e dunque tocca anche l’universo simbolico, in tutta la sua stratificata complessità, che non può essere ridotta soltanto al movimento storico della sua fondazione, ma è il rimando a una temporalità che supera il senso figurale dello spazio. Se si ricordano autori come Malevic, Klein, Klee, cioè tre artisti le cui poetiche non sono assimilabili, è dunque solo perché più evidente è la loro vicinanza teorica (e operativa) con l’universo delle icone, con la complessità e le varietà che trapassa dalla tradizione iconica all’attestazione di uno stratificato senso simbolico dell’arte figurativa. In loro si evidenzia un essenziale momento teorico, cioè il fatto che la pittura non è la rappresentazione «di» qualcosa: non sono i contenuti rappresentati a essere essenziali per una genesi del simbolico bensì, al contrario, l’indeterminatezza di tale contenuto che funge da medium verso l’invisibile senza tuttavia abbandonare una funzione dialogica e comunicativa di referenzialità, un legame estetico-sensibile con il reale e le sue composite forme.
(da E. Franzini, I simboli e l’invisibile. Figure e forme del pensiero simbolico, Milano, il Saggiatore, 2008, pp. 95-96)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.