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La consapevolezza delle proprie responsabilità storiche nel conflitto nordirlandese ha spinto le varie chiese a sviluppare il dialogo e la collaborazione ecumenica. […]
Nonostante i trascorsi poco incoraggianti, dopo il disgelo del Concilio Vaticano II e più compiutamente a partire dall’aggravarsi del conflitto alla metà degli anni ’70, tra le chiese irlandesi si sono aperte vie di dialogo permanenti ed ufficiali. In un incontro del 1977, ad esempio, i responsabili delle chiese cattolica, presbiteriana, d’Irlanda (comunione anglicana) e metodista espressero una ferma denuncia delle attività dei gruppi paramilitari. Da quei primi incontri nacque un importante programma di educazione alla pace promosso dal Consiglio delle chiese dell’Irlanda – cui aderiscono le principali denominazioni protestanti – e dalla Commissione Justitia et Pax della chiesa cattolica. Il programma, unico in Europa per la sua connotazione esplicitamente ecumenica, è finanziato, oltre che dalle chiese locali e da organismi internazionali, dal governo del Nord e da quello del Sud. […]
Documenti ecumenici, progetti comuni di educazione alla pace, mediazione politica con gruppi paramilitari, esperienze di base di dialogo e di azione comune tra cattolici e protestanti: tutto questo è parte della soluzione del conflitto, così come il mito orangista, o quello della cattolicità dell’Irlanda, sono parte del problema. Di più: forse è la parte più importante, il nocciolo duro di quel «fronte delle coscienze» – l’espressione è di Martin Luther King – impegnato nel processo per la pace e la riconciliazione tra le diverse comunità dell’isola.
(da P. Naso, Il verde e l’arancio. Storia, politica e religione del conflitto dell’Irlanda del Nord, Torino, Claudiana, 1996, pp. 112, 117).*
Riferimenti Bibliografici
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
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