La società moderna è il limite estremo del processo di sedentarizzazione e di edificazione urbana. Presa da un’analoga ebbrezza di potenza, persegue con orgoglio e presunzione la sfida dei faraoni. La piramide, riproposta nelle forme dei moderni grattacieli, simbolo del potere di pochi eretto sulla base di molti, è tuttora la metafora dei caratteri della società dominante. La modernità, diretta dall’imperativo di un’espansione economica distruttiva di ogni limite e vincolo, non vede l’impronta negativa lasciata da ogni costruzione, la voragine di desolazione creata dalla produzione industriale.
La scienza, perseguendo una strada senza incertezze, ha scatenato forze incontrollabili che scardinano gli equilibri naturali e incrinano i fondamenti stessi della trasmissione biologica. L’ingegneria genetica e l’energia atomica permettono manipolazioni sulle specie e distruzioni della materia, di fronte alle quali le aspirazioni più ardite dell’antica alchimia risultano tentativi timidi e innocui.
Proprio le nuove tecnologie possono divenire, invece, la premessa per il superamento dei modelli distruttivi e autoritari. La connessione telematica e la trasmissione elettronica creano possibilità che rendono desueti i giganti territoriali delle società idrauliche e dell’epoca industriale. Così la civiltà fondata sulla concentrazione nelle metropoli è ormai alle soglie del suo superamento. Ma i teorici dell’era cibernetica e informatica, con il rifiuto della storia e l’esaltazione del virtuale e della velocità dei bit (Negroponte, 1995) contrapposta ai libri, alla riflessione sul terreno e alle tradizioni, non sembrano perseguire modelli alternativi. La prefigurazione di una vita elettronica completamente svincolata dalla natura è una prospettiva inquietante, premessa di nuove possibilità di manipolazione delle coscienze e di dominio dei popoli.
Solo rapporti nuovi tra le nazioni e all’interno dei paesi stessi, il superamento di condizioni di sopraffazione culturale e l’eliminazione delle gerarchie tra gli stati imposte dagli imperativi economici centralizzati e dispotici possono garantire la permanenza del vivente sul pianeta. Il ribaltamento radicale dei modi di vivere e di produrre, il programma antico dell’unione del Nord e del Sud, basato sull’armonia e l’autonomia delle culture, si fondano su una nuova etica: il recupero degli antichi valori, la simbiosi dei popoli, il rispetto delle comunità e degli ecosistemi. (…)
Nessun popolo, nessuna comunità può affrontare l’avvenire senza una identità collettiva, senza che la coscienza di quello che è stata nel tempo guidi la sua azione per il futuro. Sono la funzione della tradizione epica, il significato dei libri sulla natura delle cose, affidati all’arte delle caverne, scolpiti nel cuore della pietra, celebrati con aromi, a marcare in modo indelebile i centri della memoria. Bisogna per questo scegliere tra la piramide e il suo rovescio, tra gli stati e le culture, tra la metropoli e la comunità autopoietica. Il segreto del vivente è modificare le singole parti senza perdere l’identità. Praticare un’automanutenzione capace di conservare in ogni trasformazione ciò che è utile. Recuperare continuamente, con l’associazione e la simbiosi, l’enorme biblioteca dell’esperienza della natura. E’ il modello dell’oasi generalizzabile su scala planetaria: evolvere è co-evolvere, conoscere è ri-conoscere, esistere è co-esistere. Le carovane che si trovano a mezzogiorno nelle lande più piatte e assolate del Sahara usano fermarsi un momento nel silenzio più assoluto. Il viaggiatore assapora in quell’istante la sensazione di sospensione dell’essere di fronte al vuoto, prova il timore panico dell’ignoto e ascolta la voce del deserto. Quello che giunge ai sensi è il battito del proprio cuore, il fluire degli umori nel corpo, il ronzare delle correnti cerebrali, o il respiro e l’amicizia dei compagni vicini, il contatto e la presenza della carovana, il pulsare e vivere del pianeta intero?
(da Pietro Laureano, La piramide rovesciata. Il modello dell’oasi per il pianeta terra, Torino, Bollati Boringhieri, 1995, pp. 297-298)
Riferimenti Bibliografici
- Bonnin J., Leau dans l'antiquitè. L'hydraulique avant notre ère, Paris, Eyrolless, 1984;
- Cliffort J., I frutti puri impazziscono. Etnografia, letteratura e arte nel secolo XX, Torino, Bollati Boringhieri, 1993;*
- Detienne M., I giardini di Adone, Torino, Einaudi, 1975;*
- Eibl-Eibesfeldt I., Etologia umana. Le basi biologiche e culturali del comportamento, Torino, Bollati Boringhieri, 1993;*
- Latouche S., Il pianeta dei naufraghi, Torino, Bollati Boringhieri, 1993;*
- Laureano P., Sahara. Giardino sconosciuto, Firenze, Giunti, 1988;
- Laureano P., Giardini di pietra. I sassi di Matera e la civiltà mediterranea, Torino, Bollati Boringhieri, 1993;
- Laureano P., Abitare il deserto. Il giardino come oasi., in Petruccioli A. (a cura di), Il giardino islamico. Architettura, natura, paesaggio, Milano, Electa, 1994;*
- Laureano P., La piramide rovesciata. Il modello dell'oasi per il pianeta terra, Torino, Bollati Boringhieri, 1995;*
- Mauss M., Teoria generale del dono e altri saggi, Torino, Einaudi, 1965;*
- Negroponte N., Essere digitali, Milano, Sperling & Kupfer, 1995.
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