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L’ermetismo era una dottrina elitaria, che si doveva far conoscere soltanto a pochi eletti, soprattutto là dove aveva per oggetto la teoria della rinascita, frutto di una trasmissione di conoscenza. Esso sosteneva che solamente pochi uomini, dotati di un’anima pura, ebbero in sorte il santo compito di alzare il loro sguardo al cielo, e altrettanto pochi ottennero di venire illuminati dal raggio di dio attraverso il sole e di vedere così resi impotenti i loro demoni. D’altronde se, come sostiene Zosimo, il figlio di dio si trasforma e diviene ogni cosa per la salvezza delle anime sante, la missione di Ermete, inviato dal Nous a salvare il genere umano, non potrà essere diretta a tutti gli uomini, se vi sono uomini senza intelletto, non diversamente dalle anime, che possono essere senza intelletto o non godere tutte del medesimo intelletto. Depositario di insegnamenti indirizzati a un numero assai ridotto di ascoltatori, l’ermetismo invitava i suoi seguaci a non mescolarsi alla massa degli altri uomini, per non diventarne vittima e non subirne la violenza. Essi dovevano invece perseguire la ricerca della conoscenza che li avrebbe condotti a conoscere dio, fonte principale di salvezza e fine per cui l’uomo è stato generato. Questa conoscenza, che coincide con la pietà, è tale da permettere di guadagnare la via verso l’immortalità, di sapere che l’uomo è dio, così che, alla fine, l’uomo stesso diventa dio. (…)
Attraverso la teurgia il seguace di Ermete Trismegisto riesce a realizzare il «proprio futuro». Essa, secondo gli Oracula Chaldaica, permetteva a chi la praticava di non mescolarsi al «gregge soggetto al destino», e per Porfirio era una purgatio anima; grazie a essa, sosteneva Giamblico, era possibile salire sino «agli dèi intelligibili»; addirittura, sempre secondo Giamblico, la teurgia ieratica permetteva di raggiungere dio attraverso le sfere celesti. (…) Soltanto attraverso la teurgia ieratica l’uomo riesce a elevarsi sino agli intelligibili e ad avere la visione rivelatrice, ottenuta per mezzo di una sorta di «legatura dei sensi», di perdita della sensibilità fisica, forse descritta da Proclo, il quale sostiene che «i teurgi, nel corso delle più segrete iniziazioni, ordinano di seppellire il corpo, con l’esclusione della testa». Pratica diffusa e nota alla letteratura antropologica e storico-religiosa, che conosce paralleli nelle civiltà etnologiche dove i rapporti con il sacro e con l’alterità sono gestiti dagli sciamani, questa «legatura dei sensi» permette di liberare l’anima dai vincoli fisici del corpo e accedere all’estasi e alla visione di dio, secondo un principio che anche Cicerone riconosceva e che appare alquanto diffuso dal punto di vista delle pratiche, dalla mistica cristiana a quella islamica, alla qabbalah ebraica, sino allo yoga nell’induismo. (…)
Per mezzo della teurgia ieratica il seguace dell’ermetismo riesce a liberarsi del corpo, abbandonandolo al mutamento. Illuminato da dio, guadagnata la luce della conoscenza, che è conoscenza di sé, dell’essere l’uomo esso stesso dio, anche se dio mortale, l’uomo esce dal corpo a tre dimensioni, che «è lontano dalla generazione sostanziale», dissolubile e mortale, e si avvia lungo i sentieri siderei ripercorrendo a ritroso il cammino compiuto da Anthropos durante la sua rovinosa caduta, liberandosi, cielo dopo cielo, degli influssi da cui era dominato. Questa è la rinascita, svelata al figlio da Ermete, e che l’adepto deve impegnarsi a non rivelare a nessuno. Per mezzo suo si supera il corpo fisico per entrare in un corpo «composto di potenze», che è indissolubile e immortale, si diviene consapevoli di «essere dio e figli dell’Uno», e alla fine si diviene, ovvero, si è dio.
(da P. Scarpi, Introduzione. L’universo degli ermetici, in La rivelazione segreta di Ermete Trismegisto, vol. I, Milano, Fondazione Lorenzo Valla, 2009, pp. XLVIII-XLIX e LXXXIX-XCII)*
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