È nella vicenda di Pionio, martirizzato a metà del terzo secolo nella Smirne già di Policarpo, che emerge con la massima chiarezza l’appropriazione da parte cristiana delle forme proprie della lotta per la leadership cittadina nello scenario greco; in tutto e per tutto, infatti, il didaskalos cristiano compare, negli atti che lo ricordano, con i caratteri del deuterosofista, protagonista riconosciuto – e apprezzato – della vita urbana smirnea, capace di muoversi a suo agio in un contesto di competizioni sociali e di confronto serrato con altri esponenti di primo piano e di accertata autorità . (…) Ma, se si svolgono a fondo le implicazioni dell’intero complesso dei testi martirologici, è di tutta evidenza che la posta in gioco non era solo quella per così dire esterna, relativa alla conquista e alla efficacia della visibilità cristiana nel contesto pubblico: ad essa si accompagnava una posta interna, relativa al primato ecclesiale. Non solo in funzione della competizione tra quelle che si possono definire le diverse varianti cristiane; bensì anche in funzione del riconoscimento e della accettazione della leadership interna a ciascuna comunità, in termini di figure istituzionali e di concreti personaggi storici. Lo stesso incunabolo della letteratura martirologica, il Martirio di Policarpo, si conclude con una nota che connette efficacia esterna e valenza interna della figura martiriale. (…) La pragmatica del protagonismo sociale si traduce così, se vogliamo, in una retorica del ruolo pubblico, in cui anche la possibilità della morte assume un peso e una funzione differente a seconda dei casi. La potremmo così formulare: “un’ideologia del progtagonismo sociale a servizio dell’affermazione di un ideale, in un contesto in cui la morte era compresa tra gli esiti possibili”.
(da M. Rizzi, Martirio cristiano e protagonismo civico: rileggendo Martyrdom and Rome di G.W. Bowersock, in «Humanitas», LVII, 2002, pp. 98-99, 103).*
Riferimenti Bibliografici
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