Gli oggetti parlano di noi, sono «dotati di voce e capaci di raccontare». Narrano gli eventi, le storie, la vita e la morte delle persone. I ricordi materiali possono trasformarsi in simboli identitari: aggreganti e condivisi oppure respingenti e divisivi, essi rappresentano, grazie anche a mezzi di visualizzazione e mediatizzazione sempre più diffusi nell’età contemporanea, un solido ancoraggio per la memoria individuale e collettiva. […] La ricerca si è interrogata sul rapporto tra le cose e la memoria, indagando la musealizzazione della storia patria in Italia. La narrazione di cosa era stato il Risorgimento nazionale si costruì infatti, accanto ai più significativi documenti originali e alle grandi tele pittoriche illustranti i principali eventi militari, anche grazie a un massiccio movimento di cimeli peculiari e all’attenzione generata dalle loro potenzialità simboliche e narrative. Si è trattato di ricostruire prima di tutto i principali nuclei di oggetti in grado di condensare nella propria fisicità il racconto della partecipazione individuale o collettiva al processo di unificazione, dal periodo napoleonico alla presa di Roma. Memorie patrie furono comunemente denominati i nuclei di cimeli risorgimentali nell’accezione più ampia di oggetti, reliquie, documenti, armi, indumenti, medaglie, ritratti, disegni, fotografie. Esse si contraddistinsero per la notevole varietà tipologica che rese non sempre facile, per i curatori dell’epoca, una rigida tassonomia classificatoria, riflessa nelle oscillazioni lessicali che di volta in volta fecero riferimento ai ricordi della storia italiana recente. […] Sotto la lente d’ingrandimento le memorie patrie appaiono elementi polimaterici spesso dotati di elementari codici e dispositivi comunicativi riflettenti un primo, talvolta essenziale, livello didascalico e mediatico che ha permesso di ricostruire i significati loro attribuiti dai contemporanei ben oltre l’adesione patriottica e recuperando un’ampia gamma di gradienti e significati: oppositivi, emendatori, compensatori, commerciali. […]
Nell’Italia liberale i musei storici furono medium di pedagogia patriottica, luoghi di esposizione di centinaia di oggetti attraverso cui suscitare ammirazione per il sacrificio, l’amor di patria e l’adesione allo Stato unitario. La conservazione e l’esposizione dei cimeli nei musei storici sottintese anche fratture politiche profonde e una memoria del Risorgimento conflittuale e divisiva, lontana da quella funzione irenica attribuitale dai ceti dirigenti dell’Italia umbertina. Indagato nello spazio della memoria che via via le comunità territoriali vi depositarono, il museo diviene così un osservatorio privilegiato dei percorsi di costruzione di storie nazionali e narrazioni identitarie.
(da S. Cavicchioli, I cimeli della patria. Politica della memoria nel lungo Ottocento, Roma, Carocci, 2022, pp. 9-19)