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La filosofia intesa come prassi condivisa di dialogo, sia pure critico, acceso e teso a esprimere i conflitti, tende per sua definizione e natura a occuparsi dei problemi emergenti o irrisolti di una determinata epoca e cultura. La dimensione filosofica acquista così il senso di una sorta di rivendicazione, per tutti e per ciascuno, rispetto alla possibilità di riappropriarsi dei grandi temi dell’esistenza e di migliorare il proprio progetto di vita. In tale accezione si può insegnare filosofia solo facendo filosofia, quindi assumendo un punto di vista. È una premessa valida per qualsiasi disciplina, ma a maggior ragione per questa. Per insegnare una disciplina infatti non bisogna porsi come una sorta di portavoce disincarnato, ma viverla appassionatamente, con coinvolgimento, cioè amandola, perché insegnando si diventa anche modelli di identificazione. Si tratta di modelli non perfetti, ma definibili, prendendo in prestito l’espressione con la quale Donald Winnicott si riferiva alla madre adeguata, come sufficientemente buoni. Un modello perfetto sarebbe schiacciante e poco credibile, mentre un modello sufficientemente buono stimola la speranza, incoraggia, rende possibile immaginare se stessi adulti in continuità e non solo in rottura con il senso di fragilità del Sé percepito nell’età infantile o adolescenziale.
Le esperienze di senso derivanti dal dialogo con i bambini mettono a confronto ambiti disciplinari diversi e di solito considerati separatamente: la pedagogia, il teatro, la filosofia, la psicologia, ma anche la storia e la politica. Quest’ultima entra in gioco in relazione alla possibilità di esercitare fin da piccoli una sorta di cittadinanza attiva legata al sentirsi e all’essere soggetti indipendentemente dall’età anagrafica che il nostro corpo e il nostro modo di ragionare dimostrano. È un’idea di politica intesa come dimensione riportata alla ricerca dell’ideale e dell’utopico, non al pragmatismo asfissiante, tutto calcolo e compatibilità, al quale rischiamo di assuefarci. Essa è connessa al ragionare per ipotesi, dunque al dubitare, al mettere in discussione, all’immaginare sempre altre strade e, infine, all’essere disponibili a cambiare idea e all’essere in grado di farlo; all’ascoltare l’altro e mettersi dal suo punto di vista, all’abbandonare vecchie certezze e al valutare come significativo anche ciò che si presenta sotto il segno più fragile della possibilità. Tali esperienze tendono a mettere in luce le rotture dei confini o, se vogliamo, l’importanza di saper abitare i confini. In questo caso i confini sono quelli tra i saperi delle diverse discipline, quelli tra soggetti diversi e tra età differenti. Sono però anche quelli tra razionalità ed emozionalità, tra dominii conoscitivi differenti, tra linguaggi, tra la dimensione interna di carattere psichico e quella di carattere relazionale. Si tratta, dunque, di esperienze che creano ponti e relazioni; è questo, in fondo, il senso della complessità. Nel caso specifico il ponte tra adultità e infanzia è dato dal comune abitare la dimensione dell’immaginazione o dell’illusione, reale e non reale nello stesso tempo, che permette attraverso le storie narrate o drammatizzate di diventare ogni possibile altro o di mettere in scena le proprie parti dimenticate o neglette. Certamente per i bambini è un’esperienza inusuale quella di poter discutere, con gli adulti, argomenti di solito loro censurati perché si ritiene che potrebbero turbarli o che potrebbero risultare non sufficientemente comprensibili. Sono le regole segrete che governano il mondo, che regolano le passioni d’amore o di odio, che determinano bontà e cattiveria e che appaiono loro misteriose e affascinanti nello stesso tempo. Tali regole segrete sono presentate ai bambini, una volta tanto, non edulcorate, non disciolte nelle rassicurazioni ansiose di una figura con funzioni educative, ma come legate al dialogo tra adulti e bambini dopo averlo situato nei complessi territori comuni dell’illusione e dell’immaginare insieme.
(da M.A. Galanti, La relazione tra adulti e bambini e la filosofia come pratica dialogica, in Piccole ragioni. Filosofia con i bambini, Modena, Franco Cosimo Panini, 2012, pp. 27-40)*
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