Audio integrale
Video integrale
Se la Costituzione americana ha costituito nel tempo un modello di stabilità, la più radicale instabilità caratterizzò il processo rivoluzionario che in Francia, a differenza di quello statunitense, vide balzare in primo piano l’intreccio drammatico e conflittuale tra rivoluzione politica e rivoluzione sociale. (…) Nella dinamica rivoluzionaria americana e francese si confrontano e si scontrano interpretazioni del tutto eterogenee di quei principi di libertà, eguaglianza e fraternità che la rivoluzione ha scritto sui suoi vessilli. Non mancano però elementi in qualche misura condivisi. Infatti, sebbene gli apporti dottrinali che nutrono i capi rivoluzionari siano molti e diversi, sarebbe difficile negare una centralità dell’eredità roussoiana: diversamente da quanto accade in America, in Francia si afferma una prospettiva decisamente monistica, dove la sovranità del popolo unificato come Nazione si esprime attraverso un’Assemblea legislativa, che detiene un chiaro primato anche rispetto al potere esecutivo, e si concretizza in uno Stato fortemente centralizzato. Si tratta dunque di un modello speculare a quello americano, dove invece lo Stato federale si organizza attraverso una netta distinzione tra il legislativo e l’esecutivo, tra i poteri dei singoli Stati e quelli dell’Unione, e dove, proprio in forza di questa articolazione, diventa cruciale il ruolo del giudiziario (nella forma di quell’alto consesso di “custodi” che è la Corte Suprema) quale istanza ultima di risoluzione dei conflitti. Per i rivoluzionari francesi, invece, sulla scorta dell’insegnamento roussoiano, il fine della politica è quello di dare espressione alla «volontà generale» della Nazione, trascendendo ogni localismo e particolarismo. La sfida teorica è quella di rendere compatibile la teoria della volontà generale con la pratica della rappresentanza, che invece Rousseau aveva radicalmente condannato. E vale la pena ricordare, a questo proposito, che rivoluzionari come Sieyès o Robespierre ritengono che il regime cui stanno dando vita non sia una «democrazia», ma un «governo rappresentativo». La «democrazia» o la «democrazia pura» è quella dove il popolo governa direttamente; ma se ciò è impossibile in primo luogo per ragioni pratiche (non si possono riunire in assemblea milioni di persone), il problema diventa quello di capire come si possa costruire un governo rappresentativo esente dai vizi che Rousseau aveva riscontrato in esso. (…) Nel pensiero più radicale di Robespierre, la questione del governo rappresentativo si pone in modo drammatico. I rappresentanti sono dei «mandatari» del popolo, che deve rigorosamente controllarli; se così non fosse, il governo rappresentativo meriterebbe «tutti gli anatemi lanciati contro di esso da Jean-Jacques Rousseau». I «mandatari», perciò, devono stare alle effettive dipendenze del popolo sovrano; l’ideale sarebbe che le loro sedute si svolgessero sotto gli occhi della nazione intera; essi possono sempre essere revocati da chi li ha eletti e devono rendere conto di ciò che hanno fatto al termine del loro mandato. Caratteristica della visione giacobina è anche l’ostilità per la teoria liberale della divisione o dell’equilibrio dei poteri: «non è certo nelle contese tra i loro padroni che i popoli devono cercare il vantaggio di poter respirare un qualche istante»; decisivo non è il bilanciamento reciproco dei poteri, bensì il loro controllo da parte del popolo sovrano. Ma la garanzia principale a difesa della repubblica è la dedizione al bene comune, la virtù che deve albergare nell’animo dei cittadini: principio di ispirazione roussoiana che si rovescia però nella dittatura inflessibile e sanguinaria dei custodi della virtù, la cui incorruttibilità giunge fino ad arrogarsi il diritto di eliminare chi sia anche solo sospettato di tramare contro i sacri diritti del popolo.
(da S. Petrucciani, Democrazia, Torino, Einaudi, 2014, pp. 69, 74-75)*
Le conferenze del ciclo Progresso saranno trasmesse in diretta web sul sito http://www.fondazionesancarlo.it//
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.