In mostra la Sfera n. 1 del 1963,
centoventi centimetri di diametro per circa trecento chilogrammi di bronzo. E’ la prima sfera realizzata da Arnaldo Pomodoro, l’opera che ha dato avvio a una lunga serie di variazioni sul tema oggi più noto e familiare di tutta la sua produzione scultorea e che è anche nella collezione del Museum of Modern Art di New York. Ciò che sorprende fin da subito, oltre l’imponenza volumetrica, è il contrasto fra la levigata perfezione della forma e la travagliata complessità dell’interno.
Così lo stesso artista descrive le sue sfere:
“La sfera è un oggetto meraviglioso, la sfera viene dalla maga, dai maghi, che sia di vetro che sia di bronzo, che sia piena d’acqua; e anche la sfera è il ventre materno, penso…
La sfera è un oggetto straordinario perché riflette qualsiasi cosa ci sia attorno e crea contrasti tali che a volte si trasforma e non appare più, resta invece il suo interno, tormentato e corroso, pieno di denti, e alcuni dicono che è un elemento che si può agganciare alla tecnologia, non so, è strano il rapporto…Tutto quello che c’è dentro la sfera è proprio l’energia in una forma. La sfera può rappresentare anche la terra; la sfera può rappresentare il mondo, il mondo d’oggi…Che può essere corroso dalla civiltà tecnologica. Io non lo so: io desidero che, guardando la sfera, ci sia nell’interno questa vitalità; e uno possa anche visualizzare il fatto che la sfera si possa scindere, come un campo di forze.
Ecco ciò che mi muove a fare le sfere: rompere queste forme perfette e magiche per scoprirne (cercarne, trovarne) le fermentazioni interne, misteriose e viventi, mostruose e pure; così provoco col lucido levigato un contrasto una tensione discordante, una completezza fatta di incompletezze. Nello stesso atto, mi libero di una forma assoluta. La distruggo. Ma insieme la moltiplico. L’opera si può leggere allora continuamente, di giorno in giorno; e così possiede, secondo me, la sua migliore continuità: che non risponde semplicemente a un consumo, ma risponde piuttosto a un bisogno di scoperta che è in tutti e che in tutti è insoddisfatto dalla meccanicità industriale. E’ importante il fatto che le mie sfere si possono anche spostare, ruotare: hanno così anche sotto le mani il valore di movimento e partecipazione che hanno nella visualità.”
Arnaldo Pomodoro nasce nel Montefeltro nel 1926, frequenta l’Istituto d’Arte di Pesaro e si appassiona all’architettura, alla scenografia e all’oreficeria. Ma sono le sue sculture, a partire dalla metà degli anni cinquanta, ad imporsi nel panorama artistico internazionale, forti di un linguaggio in cui il dominio sicuro della tecnica moltiplica le potenzialità della materia. Nelle sue opere la natura viene ridotta a forme geometriche imponenti e essenziali: coni, cilindri, piramidi, sfere, nelle cui lucenti pareti il fuori, il mondo tutto che vi passa accanto, letteralmente si specchia e si riflette. Tuttavia anche queste forme ideali conoscono l’insidia dei pieni e dei vuoti, dell’erosione e della corrosione insita nelle cose. L’artista scava infatti le sue opere, incide i volumi, sfregia gli interni, rompe le geometrie restituendo il travaglio infinito della materia.
Le opere di Arnaldo Pomodoro celebrano oggi spazi illustri, basti ricordare la Forma Solare ai Giardini del Palazzo Reale di Copenaghen, il Colpo D’Ala nel Department of Water and Power di Los Angeles , il Disco solare nel Museo d’Arte Contemporanea di Mosca e la celebre Sfera con sfera, collocata nel piazzale dell’ONU a New York, quasi una summa della sua intera poetica di scultore.
Dal 20 al 26 settembre la mostra seguirà i seguenti orari di apertura:
da lunedì a domenica : 8.30 – 19.30
Ingresso libero