Audio integrale
Le donne che incontriamo – e anche gli uomini – si presentano nella loro singolarità, infatti non incontriamo mai la donna o l’uomo nella sua astrattezza, ma sempre una persona con sue caratteristiche peculiari: questo è un dato incontrovertibile della nostra esperienza; tuttavia il nostro linguaggio ci spinge a generalizzare e a parlare della donna ricercando proprio quell’elemento caratteristico presente in ogni donna. Questo tipo di indagine è esaltato e considerato fondamentale nell’ambito della ricerca che chiamiamo filosofica, infatti non ci accontentiamo di cogliere la singolarità, ma tendiamo sempre a una generalità o, per meglio dire, un’universalità, l’universalità di strutture che riconosciamo presenti quando incontriamo una donna o più donne, perciò diciamo, riconoscendole, che sono donne. Ma che cosa in verità «riconosciamo»? Esse ci vengono incontro con una struttura fisica determinata, che già porta con sé e ci propone un grande paradosso, ognuna di loro è unica e irripetibile, eppure sono tutte donne.
Questo fatto ci spinge ad analizzare la loro corporeità e sappiamo che la cultura occidentale con l’elaborazione di una mentalità scientifica ha cercato di penetrare all’interno della corporeità stessa esaminandola in molteplici prospettive sotto il profilo della fisiologia, dell’anatomia e della genetica, mettendo in evidenza in tal modo le caratteristiche del corpo femminile che si articolano, poi, in modo particolare in ogni donna. Su tale base, come sappiamo, opera la medicina, cogliendo le alterazioni e procedendo alla terapia.
A questo punto si pongono due questioni, la prima riguarda il fatto che la donna ha sì una particolare configurazione anatomica, ma che anche molte sue caratteristiche sono in comune con l’altro essere umano che è l’uomo, infatti si può parlare in generale di corpo umano che va al di là delle specificazioni del femminile e del maschile. Proprio questa constatazione ci conduce alla seconda questione: se non si può analizzare la donna senza tener conto che è un essere umano, bisogna correlativamente esaminare anche l’uomo.
Già in questo primo stadio della ricerca si delinea una gerarchia che può essere percorsa dal basso o dall’alto ma in ogni caso indica la correlazione dei due momenti: infatti l’essere umano è articolato nel maschile e nel femminile e un’analisi corretta ci costringe a tener presenti entrambi gli aspetti. Come teorizzare tutto questo da un punto di vista più ampio che possiamo definire filosofico? Proprio l’esame del singolo ci rimanda all’universalità dell’essere umano, ma di nuovo siamo costretti a scendere verso la partizione, quella del maschile e del femminile, prima di giungere alla singolarità. In realtà, come si è sopra accennato, è possibile percorrere anche il cammino inverso, e quindi i due cammini sono correlativi e circolari. Tutto ciò, prima di proseguire l’analisi dell’essere umano nelle sue articolazioni di femminile e maschile, ci fa riflettere sul fatto che non si può esaminare la donna senza esaminare l’uomo, in termini più generali che, se si vuole procedere a un’analisi dell’essere umano, quindi a un’antropologia, questa deve essere un’antropologia duale. Infatti, se è vero che si possono indicare alcuni elementi universali che distinguono, ad esempio, l’essere umano da quello animale o vegetale, un necessario approfondimento della struttura umana ci conduce a cogliere la dualità come elemento importante e imprescindibile dell’analisi.
(da A. Ales Bello, Sul femminile. Scritti di antropologia e religione, Troina, Città Aperta, 2004, pp. 61-63)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.