I libri di narrazioni possono essere immaginati come partiture musicali che conservano la memeoria delle voci, dei toni, dei ritmi su cui il narratore e l’ascoltatore si intendono “ad orecchio”. Nella lettura ad alta voce viene fatto rivivere il teatro sonoro di questa intesa che, come accade nella nostra vita quotidiana, ci fa riconoscere le parole e le frasi come dette per noi. Di qui possono prendere avvio la meraviglia e il piacere per scritture – come quelle dei classici – messe un poco a distanza, rese sorde dalla polvere scolastica e dall’osservazione estraniata della critica. Per la terza rassegna di letture pubbliche Vivavoce ha chiesto a narratori di carta e di scena di prestare la voce a quei classici, antichi e moderni, dei quali avvertano la consonanza e quasi la familiarità di intonazioni e cadenze, quelli che per questa via paiono più capaci di fare muovere l’immaginazione e di attivare emozioni inattese. Ne emerge un catalogo stranamente accordato che va da Boccaccio a Pulci a Folengo, da Ariosto a Svevo, Palazzeschi e Gadda: in tutti l’andamento delle frasi è un poco divagato e divertito e la lingua evoca un fondo di toni e di accenti che il ritorno alla viva voce può rivelare a chi ascolta.
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