Il dibattito pubblico e l’azione legislativa su scala europea indicano una ridefinizione della laicità che prospetta anche inedite possibilità di renderla maggiormente inclusiva. Il modello liberale classico che aveva ispirato la concezione tradizionale di laicità pare infatti entrato in crisi. La separazione tra Stato e Chiesa fondata sulla rigida divisione tra pubblico e privato, con il confinamento delle convinzioni religiose nel foro interno della coscienza individuale, non sembra reggere di fronte alla pervasiva ricomparsa delle religioni nella sfera pubblica, dove esse agiscono come collante identitario, come vettore di azione politica e come criterio di orientamento etico. Nello scenario contemporaneo l’appartenenza religiosa si configura come realtà sociale e di culto che gli Stati devono governare non più attraverso il criterio dell’indifferenza, ma attraverso un esercizio di garanzia e una difesa del pluralismo che necessariamente comportano anche una protezione della libertà di coscienza e religiosa, individuale e collettiva, delle minoranze. Tutela dei diritti delle persone e spazio comune di libertà si incrociano, dando vita a una visione della laicità che tuttavia non può essere limitata a letture esclusivamente giuridiche o istituzionali. Le possibilità odierne della laicità passano dunque attraverso la constatazione della presenza pubblica delle religioni, secondo una strategia di confronto argomentato tra istanze anche eticamente incompatibili, nel quadro di una neutralità statale rispettosa che renda il supremo principio di laicità valore attivo a tutela della partecipazione democratica.
L’Europa è uno spazio cruciale nel quale mettere alla prova la laicità perché in questo continente le religioni (in particolare le diverse confessioni cristiane) sono stabilmente insediate per destino storico e per vocazione culturale. Esperienze storiche e culture politiche diverse hanno qui modellato i rapporti tra Stati e chiese in una multiformità di varianti che solo schematicamente si possono riassumere nella distinzione tra Stati di orientamento concordatario e pattizio e Stati di orientamento confessionale, dove prevalgono una Chiesa “stabilita” e una religione di Stato. Il processo d’integrazione sta inoltre producendo effetti collaterali sulle relazioni tra Stati e chiese, configurando un progetto di laicità europea. La Dichiarazione di Amsterdam del 1997 e il Trattato costituzionale del 2004 procedono così a una costituzionalizzazione in senso europeo dello status goduto nei singoli Stati da chiese, associazioni religiose e organizzazioni filosofiche e confessionali.
L’ordine costituzionale nazionale ed europeo è certo essenziale per comprendere il principio di laicità; tuttavia non si può trascurare come la formulazione dei confini tra credenze religiose e istituzioni comuni si inscriva anche in una genealogia teologica e filosofica documentata dall’intera storia religiosa della modernità. L’analisi delle relazioni concettuali tra fede e sapere, tra certezza e incertezza, tra interiorità ed esteriorità, è un passaggio obbligato sia per ricostruire le traiettorie della laicità e della libertà religiosa, sia per diagnosticarne le conseguenze e le necessarie trasformazioni.
Tempi lunghi dei saperi teologici e tempi brevi delle trasformazioni politico-istituzionali si alternano negli incontri del seminario per consentire una visione binoculare del progetto e della storia della laicità in Europa. In questa prospettiva l’orientamento della Chiesa cattolica nei confronti della laicità dello Stato è segnato da trasformazioni dottrinarie e mutamenti istituzionali, che hanno portato all’abbandono della posizione dialogica espressa dal Vaticano II e alla diversa connotazione dei rapporti tra magistero e verità durante il pontificato di Wojtyla, con implicite conseguenze sulla stessa visione della democrazia.
Proprio in relazione a questi sviluppi il tema della laicità si ripropone sul piano della protezione dei diritti fondamentali, in un passaggio epocale nel quale i posizionamenti delle chiese e delle organizzazione religiose su argomenti eticamente sensibili e dirimenti –nella sfera della vita e nella bioetica, nelle preferenze sessuali e nella dottrina della famiglia – rischiano di interferire con la libertà di scelta dei singoli e quindi con il principio di laicità dello Stato.
Sfida cruciale di integrazione europea e di convivenza civile è infine la questione delle comunità islamiche, con il loro retaggio culturale e e giuridico, palesemente messo alla prova in un comparto strategico di laicità come quello dell’istruzione, dove rapporto con l’autorità statale, tutela dei diritti fondamentali e gestione dell’identità tradizionale precipitano in forme altamente problematiche.
Riepilogo
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