Il 31 ottobre 1517 il frate agostiniano Martin Lutero affisse alla porta del castello di Wittenberg le 95 tesi con le quali intendeva presentare le proprie denunce e rimostranze nei confronti della Chiesa di Roma, avviando così il processo di frattura dell’unità millenaria della cristianità in diverse chiese, comunità e sette che caratterizzerà l’Europa a partire dal Cinquecento. La decisione di Lutero scaturì principalmente da motivazioni religiose dettate dalla necessità di riscoprire il Vangelo come annuncio della libera grazia di Dio, donata all’uomo indipendentemente dai suoi meriti, e dalla critica della degenerazione morale e spirituale della Chiesa romana: sulla base del principio basilare della giustificazione per sola fede, la parola divina divenne per Lutero l’elemento centrale della devozione e il principio d’autorità ecclesiastica nell’interpretazione biblica venne sostituito dal libero esame del cristiano, così da giungere ad affermare il primato della Sacra Scrittura sulla tradizione e sul magistero della Chiesa. La dottrina luterana non rimase però solo un oggetto di discussione teologica, ma divenne ben presto un’arma di lotta politica dei principi tedeschi, che videro in essa la possibilità di sottrarsi all’autorità imperiale e di incamerare i beni ecclesiastici: a questo scopo essi lottarono contro l’imperatore Carlo V fino alla pace di Augusta (1555), con la quale si sancì la divisione tra cattolici e protestanti in base al principio cuius regio, eius religio che imponeva ai sudditi di seguire la religione del loro principe, cattolico o luterano che fosse. Ma questa soluzione non mise definitivamente a tacere i conflitti tra le diverse confessioni e a lungo il drammatico rapporto tra religione e politica caratterizzò l’Europa tra Cinquecento e Seicento, insanguinata da feroci guerre di religione e da persecuzioni che culminarono nella Guerra dei trent’anni, finalmente conclusa con la pace di Vestfalia del 1648. La complessità religiosa e la drammaticità sociale della Riforma furono centrali sul piano della storia politica dell’Europa continentale e, successivamente, dello spazio atlantico, ma altrettanto importanti lo furono anche per la storia della teologia e della cultura cristiana. Alle posizioni di Lutero si affiancarono infatti, in ambito riformato, le teologie di Zwingli, di Melantone e di Calvino, le tendenze escatologiche e apocalittiche nella cultura religiosa inglese e i movimenti radicali di riforma religiosa nell’Europa continentale (da Müntzer a Socino). Tutto ciò contribuì – in forma estremamente contraddittoria a causa dei numerosi e violenti contrasti che caratterizzarono tanto i rapporti tra gli esponenti della Riforma e la Chiesa cattolica, quanto le reciproche relazioni conflittuali tra i diversi esponenti della Riforma – alla costituzione di alcune concezioni centrali per la modernità, quali l’autonomia del soggetto, la critica della tradizione e la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica. Ed è allora a causa di questa sua complessità e drammaticità – insieme religiosa, teologica, sociale, politica, culturale – che la Riforma è da secoli al centro dei dibattiti sullo sviluppo del mondo moderno, tanto che è impossibile trascurare il ruolo che essa ha avuto nella storia non solo del cristianesimo, ma anche dell’intero Occidente, soprattutto se pensiamo agli Stati Uniti. Diventano pertanto evidenti i motivi per i quali l’interpretazione della Riforma è stata, ed è tuttora, carica di valenze ideologiche e terreno di scontro culturale, eccedenti la stessa sfera religiosa e confessionale, anche a causa delle sue conseguenze, che sono giunte sino a noi. Le attuali celebrazioni del quinto centenario della Riforma sono numerose in tutto il mondo e spesso mirano a proporre molteplici occasioni di riflessione storica, culturale, politica e, soprattutto, teologica e religiosa sul significato delle tradizioni riformate nella storia del cristianesimo. Anche il ciclo di conferenze del Centro Studi Religiosi della Fondazione Collegio San Carlo si propone di riflettere sulle peculiarità degli episodi storici relativi alla Riforma e sulle sue conseguenze di lungo periodo. Tuttavia, per quanto importante, la Riforma luterana – e poi calvinista, anglicana, puritana, presbiteriana, anabattista… – non esaurisce il tema della riforma, centrale nell’intera storia del cristianesimo anche prima e dopo Lutero. Questo ciclo di conferenze – la cui seconda parte si svolgerà tra febbraio e aprile 2018 e sarà dedicata soprattutto alla situazione attuale delle chiese riformate, anche alla luce del dibattito sull’ecumenismo – intende dunque analizzare, in modo ampio e articolato, il concetto stesso di “riforma” e alcuni importanti momenti riformatori – non limitati al contesto luterano e calvinista – nell’ambito della lunga storia del cristianesimo, dal Medioevo all’età contemporanea. Ciò consentirà di far emergere l’ambivalenza dell’affermazione di Karl Barth: Ecclesia semper reformanda est. La Chiesa, ogni chiesa, deve costantemente confrontarsi con le urgenze che ogni movimento di riforma sembra sottintendere: da un lato, il ritorno della Chiesa alle origini, così ripristinando una condizione ideale che nel corso della storia è stata soggetta alla corruzione dei tempi e degli uomini; dall’altro lato, la necessità, anche per la Chiesa, di misurarsi con lo spirito e i problemi del proprio tempo, accettando di introdurre cambiamenti in grado di rispondere in modo nuovo a nuove sfide e domande.
Riepilogo
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