A partire dagli anni Ottanta del Novecento, da quando cioè è stato introdotto il termine “antropocene” per indicare il ruolo determinante svolto dall’essere umano nelle modificazioni degli ecosistemi terrestri, la comunità scientifica internazionale non ha smesso di affrontare due questioni, strettamente intrecciate tra loro: da una parte, l’opportunità e la correttezza dell’utilizzo di questo concetto che sembra fornire un’involontaria legittimazione all’idea moderna del dominio dell’essere umano sulla natura e quindi all’antropocentrismo; dall’altra, il momento in cui fissare l’inizio di quella che è variamente considerata in termini geologici un’era, un periodo o un’epoca. Le conclusioni a cui si è giunti sono discordanti, e non avrebbe potuto essere altrimenti data l’incompatibilità delle premesse teoriche e delle impostazioni metodologiche adottate. Vi è chi ritiene che l’origine dell’antropocene debba esse rintracciata nella “grande accelerazione” seguita alla Seconda guerra mondiale e favorita soprattutto dalla sempre maggiore disponibilità di energia e dall’incremento della tecnologia; vi è chi giudica centrale il processo di industrializzazione e urbanizzazione verificatosi alla fine del Settecento, che per la prima volta ha consentito l’uso intensivo di combustibili fossili; chi, ancora, ritiene centrale la forza espansiva del capitalismo e vorrebbe quindi legare gli esordi dell’antropocene alle scoperte geografiche dell’età moderna, che avrebbero aperto la strada a un inedito sfruttamento del suolo e delle sue risorse, nonché al cambiamento della produzione agricola e delle abitudini alimentari della popolazione mondiale. Attraverso la combinazione di dati provenienti dalla paleoantropologia, dalla paleoclimatologia e dalla paleobotanica, nonché grazie all’utilizzo di avanzate tecniche di archeogenetica, alcuni studi scientifici recenti sono giunti addirittura a retrodatare alla preistoria le prime manifestazioni dell’impronta ecologica, ovvero dell’impatto che un gruppo umano ha sul territorio in cui si trova in base al consumo dei beni e alla relativa produzione di rifiuti. Secondo tali ricerche, attente alle dinamiche di lunga durata e alle logiche del tempo profondo, l’avvio di questo fenomeno risalirebbe pertanto alla rivoluzione agraria del neolitico o alla stessa comparsa di Homo sapiens. La deforestazione, l’alterazione degli assetti idrogeologici e l’inquinamento derivanti sia dalle nuove necessità dell’allevamento, dell’agricoltura e della frutticultura, sia dal progresso dell’industria metallurgica avrebbero interferito significativamente sugli equilibri ambientali, che solo in parte sarebbero stati in grado di ristabilirsi a livelli sostenibili per la vita dell’uomo e delle specie animali e vegetali. Al di là dei problemi di periodizzazione – tutt’altro che neutrali visto che implicano scelte concettuali precise – il dibattito sull’antropocene ha avuto il merito di favorire un ripensamento del rapporto tra l’essere umano e l’ambiente e una revisione della dicotomia tra natura e cultura che ha segnato il pensiero occidentale moderno.
Al tema dell’ambiente è dedicato il ciclo di conferenze organizzato nell’anno accademico 2018/2019 dal Centro Culturale della Fondazione Collegio San Carlo: la prima parte, che si articolerà in sei appuntamenti tra settembre e novembre 2018, si concentrerà sull’evoluzione storica del rapporto tra l’essere umano e l’ambiente, dall’antichità al XX secolo, mentre la seconda parte, che si svolgerà tra febbraio e aprile 2019, sarà rivolta soprattutto all’esame delle questioni attinenti al mondo contemporaneo (consumo delle risorse ambientali, problemi ecologici ecc.). Mettendo a frutto i contributi provenienti da discipline diverse (filosofia, antropologia, biologia, storia, letteratura e sociologia), nella prima parte del ciclo si illustrerà in che modo i sistemi ambientali sono sempre il frutto di relazioni complesse e dell’interazione tra una pluralità di fattori, antropici e non, di ordine climatico, evolutivo, comportamentale, tecnologico e socioeconomico, la cui influenza non è facilmente misurabile. Da parte loro, le teorie della complessità tendono infatti a parlare di un’origine ecologica delle culture umane per segnalare che esse si costruiscono non solo in rapporto ad altre culture, attraverso articolati meccanismi di ibridazione e conflitto, ma anche e soprattutto in funzione dell’adattamento alle condizioni esterne, e che si alimentano della dialettica tra l’ideologia, con la sua schematicità e la sua progettualità definita, e la tecnologia, con le sue discontinuità e le sue imprevedibilità. Si analizzerà inoltre l’importanza di alcuni modelli di interpretazione dell’ambiente, come quello di “natura selvaggia”, che tra Settecento e Ottocento si trasforma da luogo incivile e barbarico in luogo mitico e incontaminato che deve essere preservato nella sua presunta purezza e opposto al degrado e alla degenerazione della grande città. Dall’idea di wilderness prenderanno le mosse il trascendentalismo americano e il movimento conservazionista per proporre molte delle riflessioni etiche che ispireranno anche la coscienza ecologica sviluppatasi nella seconda metà del Novecento. In definitiva, l’intento è mostrare come sia riduttivo considerare l’ambiente soltanto quale sinonimo delle manifestazioni della natura, quando in realtà esso comprende una gamma ben più ricca di espressioni, dall’organizzazione dello spazio e del territorio urbano e rurale ai modi dell’abitare, fino alle pratiche e alle consuetudini del quotidiano, la cui analisi richiede l’impiego di categorie e strumenti concettuali specifici.
Con il contributo di:
Riepilogo
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Informazioni e contatti | Le conferenze del ciclo Ambiente saranno trasmesse in diretta web sul sito www.fondazionesancarlo.it La partecipazione è libera e a richiesta si rilasciano attestati di partecipazione. Il ciclo di lezioni è organizzato dalla Fondazione Collegio San Carlo di Modena, ente accreditato presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ai sensi di quanto previsto dalla Direttiva di accreditamento degli enti di formazione del personale della scuola n. 170/2016. Le lezioni si tengono presso la sede della Fondazione, in via San Carlo 5, Modena. 059.421240, cc@fondazionesancarlo.it |