Tra i caratteri che costituiscono la specificità della storia e dell’identità europea nell’epoca contemporanea si trova senza dubbio l’istituzione dello “stato sociale” che, nel corso del Novecento, ha rappresentato una forma storicamente inedita di protezione dei cittadini e dei lavoratori. Naturalmente, diversi sono stati i modelli di welfare (universalistico, occupazionale, produttivista) che si sono succeduti nei vari paesi europei e nei vari decenni, ma unico è stato lo scopo che, conformemente al principio di sussidiarietà, i legislatori nazionali e i legislatori comunitari in Europa hanno ritenuto di perseguire con le politiche sociali del secondo dopoguerra: la difesa e lo sviluppo dei diritti e della dignità del cittadino attraverso la creazione di normative e istituzioni in grado di combattere la discriminazione e l’esclusione, promuovendo per tutti processi di integrazione sociale e opportunità per migliorare la qualità della vita. Allo scopo di perseguire “un miglioramento costante delle condizioni di vita e di occupazione” si sono infatti espressi tutti i principali documenti europei che hanno definito le linee-guida della politica sociale, dal Trattato di Roma (1957) alla Carta sociale europea (1961), fino al Trattato di Amsterdam (1997) e al Documento di Lisbona (2000). Senza dimenticare l’importanza dei processi di crescita economica – resi possibili soprattutto dallo sviluppo della ricerca scientifica e della competitività delle imprese –, il modello sociale europeo ha mirato così a creare società stabili e solidali, caratterizzate da un elevato grado di occupazione e di protezione, di integrazione e di sicurezza, di istruzione e di benessere.
Oggi però due problemi si pongono per la tutela, lo sviluppo e la riforma del modello europeo di welfare. Innanzitutto, l’Unione Europea (nei suoi vari organi comunitari e intergovernativi) non è l’unico attore responsabile della politica sociale, perché l’organizzazione dei sistemi di protezione è di competenza degli Stati membri: risulta perciò evidente che, sotto la pressione della competizione globale, gli Stati – anche sulla base di proprie scelte politiche in merito alla stabilità dei rispettivi bilanci pubblici – possono adottare norme certamente non in contrasto, ma comunque diverse (cioè più “inclusive” o più “localizzate”) rispetto alle direttive europee, giungendo così a creare sistemi di welfare diversi non solo fattualmente, ma fondati su princìpi diversi. In secondo luogo, emerge sempre più prepotentemente nelle società europee una profonda differenziazione sociale, demografica, economica, etnica e religiosa che impone una ridefinizione delle politiche sociali in grado di garantire l’integrazione non solo sulla base dei tradizionali criteri del benessere economico e dell’assistenza, ma soprattutto sulla base di una più ampia concezione della dignità della persona e della qualità della vita, che mira allo sviluppo delle “capacità” del cittadino.
Con il quarto seminario sulle Frontiere dell’Europa, il Centro Culturale intende proporre un approfondimento delle diverse questioni legate alla riforma dello stato sociale in Europa, mirando in particolare all’analisi teorica e pratica di quattro casi direttamente connessi all’attuale dibattito sul welfare nell’epoca globale: il lavoro, il “terzo settore”, la sanità, la previdenza. Il dibattito europeo in materia di riforme è infatti apertissimo. E se a partire dai primi anni Novanta nelle società europee sono state introdotte riforme volte a stabilizzare il welfare soprattutto dal punto di vista della sostenibilità finanziaria, meno presente nel dibattito pubblico è invece la necessità di riflettere sulla ridefinizione dei princìpi e degli obiettivi da perseguire sulla base della verifica delle nuove domande sociali, che attualmente si trovano in una fase di epocale ristrutturazione. In questo senso, sembra essere ineludibile la discussione non solo sull’emergere di nuove diseguaglianze, di nuovi rischi e di nuovi bisogni sociali, del tutto meritevoli di protezione e di intervento a scapito di ormai inattuali forme di assistenza, ma anche sui modelli e sulle forme di incentivazione delle politiche attive per la promozione di nuove opportunità per il cittadino, riducendo così le politiche passive di sostegno del reddito, allo scopo di ridefinire le politiche sociali europee su un terreno che non si limiti alla classica dialettica tra Stato e mercato. Da questo punto di vista, la discussione sul welfare – che implica una radicale riconsiderazione delle idee di diritto, eguaglianza, solidarietà e dignità – risulta essere il luogo privilegiato per la definizione dello spazio europeo di “libertà, sicurezza e giustizia”.
Riepilogo
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Informazioni e contatti | La partecipazione è libera. Su prenotazione sono resi disponibili saggi, documenti e materiali informativi che permettono l’approfondimento delle singole lezioni. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione. Il seminario è inserito tra le iniziative di aggiornamento insegnanti per l’Anno Scolastico 2003/2004. Le lezioni si tengono presso la Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo 5, Modena Tel. 059/421210, fax 059/421260 cc@fondazionesancarlo.it www.fondazionesancarlo.it |