A regola d'arte

Le teorie per ‘spiegare’ le opere dell’arte sono quasi sempre più rigide e oscure delle attività che descrivono. Norme compositive e tecnologie del fare sembrano restare esterne e estranee all’esperienza di chi ‘si mette all’arte’ come a un’urgenza e disciplina della vita. La maggior parte degli artisti scrive invece con semplicità delle proprie pratiche e quasi con pudore, come se infine non ne sapesse più di quel che una lunga consuetudine d’esperienza concede ai ‘mastri d’arte’. Una consuetudine che si fissa su questioni molto particolari, su piccoli aggiustamenti, su una interiorizzazione della ‘regola d’arte’ che appartiene all’esercizio dei sensi e della memoria.
Questa diuturna disciplina è ritmata talvolta da stati di urgenza espressiva, dove l’obbedienza alla regola può prendere i modi dell’ostinazione e del delirio, per apparire poi, ad opera compiuta, come lo stato naturale e pacificato della bella forma.

Le serate di VivaVoce nel 2001 offrono il piacere di ascoltare un insolito repertorio di racconti, cronache, note di bottega in cui scrittori, pittori, musicisti, artisti della voce e della scena parlano del loro mestiere, oppure sono narrati da testimoni eccellenti mentre attendono silenziosamente all’opera o discorrono come fra sé delle virtù di un nome, della pasta di un colore e delle vie strane e traverse dell’invenzione.
Come sempre i lettori invitati non sono degli addetti alla critica, ma scrittori, pittori, musicisti, gente di teatro che ha familiarità con le regole dell’arte e può restituire vera voce a pagine insolite e stupefacenti per semplicità e naturale eloquenza.

Lettori legati da uno speciale patto di complicità con un uditorio che negli anni ha affinato una propria capacità di ascolto attento: un’ora o poco più, che il semplice rituale di VivaVoce tiene presidiato dall’invadenza delle chiacchiere e delle formule di scuola.