Video integrale
La domanda “che cos’è la città?” sorge in età moderna, quando la fisionomia dello spazio urbano muta a tal punto da risultare irriconoscibile con i metodi e le categorie tradizionali. La nascita della metropoli industriale, trasfigurata dall’inurbazione di enormi masse contadine, dalla genesi di inediti rapporti sociali, dalla crisi dei rapporti tra città e campagna, rappresenta una provocazione teorica di tale portata da richiedere non solo l’invenzione di nuove chiavi interpretative, ma il ricorso a un paradigma storico in grado di fornire, per analogia, una misura di paragone. La genesi della città medievale, assunta da Weber (ma anche da Sombart, Bücher, von Below) a modello ideal-tipico dell’urbanesimo occidentale, offriva in tal senso un contributo comparativo insostituibile. La ricostruzione weberiana, un classico degli studi in questo settore, si conclude però nel riconoscimento di una soglia, insieme storica ed epistemologica, estremamente problematica: ammesso che il significato politico della città occidentale coincida con l’esperienza medievale dell’autonomia comunale, e si concluda con l’avvento dello Stato moderno, a rigore la città smette di essere un concetto autenticamente politico già nel 1648, quando la pace di Westfalia sancisce il nuovo ordinamento degli Stati. […]
Ma allora come pensare il significato della metropoli moderna? Come aggirare la storia di una lunga rimozione, insieme storica e teorica, che giunge, con rare eccezioni, sino a Hegel, a Marx e a Schmitt? Se gli strumenti della filosofia politica e della filosofia del diritto risultano troppo astratti allo scopo, per Foucault si tratta innanzitutto di avvertire il cambio di paradigma nell’esercizio del potere avvenuto tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo: mentre il potere premoderno si manifesta essenzialmente per garantire la sicurezza del sovrano e del suo territorio, quello moderno ha il compito di programmare lo sviluppo sociale della popolazione nel suo insieme utilizzando lo spazio come un diagramma in cui inscrivere, registrare e selezionare, secondo diversi rispetti, la vita degli individui. Lo spazio urbano risulta allora intellegibile alla luce di un complesso dispositivo reticolare che intrama un insieme eterogeno di elementi (istituzioni, strutture architettoniche, leggi, procedure amministrative e urbanistiche) allo scopo di fornire risposta a un unico enorme problema: quello di governare la disordinata popolazione rurale che si ammassa nella città industriale, di disciplinarla al lavoro, all’istruzione, alle norme sanitarie dettate dal moderno razionalismo medico.
(da M. Vegetti, Introduzione. Verso la metropoli, in Id., a cura di, Filosofie della metropoli. Spazio, potere, architettura nel pensiero del Novecento, Roma, Carocci, 2013, pp. 11-18)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)