Anche se una parte dei pellegrini giubilari giungeva dall’Italia meridionale e dalla Sardegna, senza dubbio il numero più cospicuo arrivava dall’Europa settentrionale, e francesi e tedeschi ne costituivano i gruppi più numerosi. Le strade attraverso le quali scendevano nella penisola conducevano preferibilmente a due valichi: a ovest il Gran San Bernardo, a est il Brennero. Nel primo anno santo del 1300 un registro nel quale venivano annotate tutte le persone che attraversavano il Gran San Bernardo ci conferma che i viaggiatori a cavallo transitati erano quattordici volte di più rispetto agli anni precedenti. Ancora oggi la presenza di antichi monasteri lungo quei percorsi montani testimonia la loro funzione di ospitalità e soccorso dei pellegrini, che poi si apprestavano a scendere verso Roma o per la via Francigena, che passava per la Toscana e il Lazio, o attraverso l’Emilia per poi arrivare nelle Marche e in Umbria, in parte rifacendosi al percorso delle antiche vie consolari romane. Questo secondo itinerario offriva ai pellegrini l’occasione di sostare presso altri due santuari molto famosi: quello di Loreto e quello di Assisi. Ma in realtà ogni itinerario era costruito in modo da offrire la possibilità di visitare luoghi sacri rinomati.
Per chi arrivava dal nord, e attraversava quindi la zona renana e Colonia, si imponeva una sosta presso quello che veniva considerato il luogo di sepoltura dei tre Magi, il duomo di Colonia. Una grande ricchezza di fonti iconografiche – alla quale si aggiunge la diffusa abitudine di intitolare ai Tre re e alle Tre corone alberghi e locande lungo i percorsi dei pellegrini – prova la diffusione medievale di questo culto. Anche i Magi avevano viaggiato, e potevano dunque essere considerati protettori dei viaggiatori.
L’altra tappa obbligatoria per chi scendeva la via Francigena era Lucca, sede del crocefisso che la leggenda voleva scolpito da un personaggio che Gesù lo conosceva bene: Nicodemo. Si trattava di un grande crocefisso “vestito” intorno al quale erano fiorite tantissime leggende. Un altro esempio di quel bisogno di scoprire il vero volto umano di Gesù, quello stesso volto che a Roma i pellegrini avrebbero visto alle esposizioni della Veronica. Siena era la città dove confluivano i due percorsi, per poi procedere unificati: non è certo un caso che proprio in questa città, e di fronte al duomo, sia stato costruito un grande ospedale che funzionava anche come ospizio per i pellegrini. L’itinerario che proveniva dalla Spagna e da Santiago de Compostela si congiungeva a Luni alla strada per Roma.
Fin dall’anno Mille, quando era ripresa la possibilità di muoversi con una certa sicurezza sul territorio europeo, alcuni pellegrini avevano lasciato una traccia scritta del loro percorso, segnalando tappe e distanze. Ma i testi scritti erano veramente pochi, e senza dubbio le informazioni venivano tramandate soprattutto per via orale, per lo più centrate sulla direzione da prendere e sulla lunghezza del viaggio. Secondo le guide del tempo, si calcola che da Parigi a Roma, a cavallo, si impiegassero circa cinquanta giorni. La percorrenza media dei viandanti, invece, era calcolata tra i venticinque e i quaranta chilometri al giorno, quella dei cavalieri tra i cinquanta e i sessantacinque, quella delle navi a vela tra i centoventi e i duecento chilometri.
(da L. Scaraffia, Le porte del cielo. I giubilei e la misericordia, Bologna, Il Mulino, 2015)*