Avesta

Lo zoroastrismo tra monoteismo e politeismo

  • Antonio Panaino

    Professore di Filologia, religioni e storia dell’Iran - Università di Bologna

  • venerdì 15 Ottobre 2021 - ore 17.30
Centro Studi Religiosi

Video integrale

All’interno dei testi avestici vi è una differenza molto forte di impostazione tra quelli antichi e quelli più recenti; infatti, nei primi il ruolo delle divinità più importanti del pantheon indo-iranico risulta praticamente nullo (fatta qualche opaca eccezione), mentre è nettissima la centralità e superiorità di Ahura Mazda. L’opposizione tra i principi cosmici di ordine/verità e disordine/menzogna si concretizza nel diretto antagonismo palesato da due Mainiiu-gemelli (termine spesso tradotto come “Spirito”, ma che indica in realtà un “pensiero volitivo” e determinato, quasi un “corruccio”), l’uno detto Spenta –, ossia “benefico, accrescitore, incrementante”, l’altro Angra – (in avestico antico), “ostile, malvagio”. In poche parole, nelle Gatha il Pensiero (volitivo) Ostile, ossia il Mainiiu-Angra, non si contrappone direttamente ad Ahura Mazda, ma al suo diretto gemello, Spenta Mainiiu. Nell’Avesta recente, al contrario, non solo ritroviamo pienamente venerati (o esplicitamente demonizzati, ma comunque in modo palese) gli antichi dèi dell’universo religioso politeistico, ma la stessa figura di Spenta Mainiiu sembra appannarsi, assorbita sempre più da Ahura Mazda, mentre ora è Angra Mainiiu a contrapporsi in modo diretto allo stesso Ahura Mazda. (…)

Tale mutamento nell’impianto teologico è stato diversamente spiegato; una soluzione sarebbe quella di considerare lo Zoroastrismo gathico (talora indicato anche come Zarathustrismo) come un vero e proprio monoteismo religioso, in cui Zarathustra avrebbe rigettato gli antichi dèi (daeuua), per denunciarne la falsità e l’inesistenza. Questi esseri, un tempo divini, sarebbero così stati ridotti al rango di chimere o di fantasmi mentali. Il monoteismo sarebbe stato perciò compatibile con un dualismo etico. Il ritorno al culto degli antichi dèi verrebbe pertanto spiegato come una sorta di cedimento, frutto di una mediazione, tra la comunità più vicina al radicalismo teologico di Zoroastro e altri collegi sacerdotali, meno disponibili a rinunciare completamente a una parte del pantheon tradizionale, che però sarebbe stato deprivato del titolo di daeuua e perlopiù venerato come yazata “venerabile”. Tale impianto è forte dell’argomentazione già avanzata da R. Pettazzoni secondo la quale non sarebbe il monoteismo ad essere incompatibile con il dualismo, bensì il politeismo. (…)

D’altro canto, non sono mancate critiche a tale impostazione, le quali fanno rimarcare che in realtà la presenza di una schiera, dal numero ancora aperto, di Amesha Spenta, ossia di “Benefici (o incrementanti) Immortali”, abitualmente definiti come “entità”, che però in forma più o meno astratta accompagnano l’azione di Ahura Mazda, ma anche la presenza di altre figure certamente divine – come una pluralità indefinita di Ahura apparentemente non umani, la menzione di una serie di Ahurani, ossia di mogli di Ahura Mazda, oppure ancora quella degli hant “coloro che sono”, nonché l’esplicita menzione di Vayu, il dio del vento, la presenza di Sraosa, il dio dell’ascolto e dell’obbedienza – rendono il postulato di un monoteismo assoluto delle Gatha come una sorta di petitio principii. Di converso, però, tali obiezioni portano a soluzioni altrettanto inadeguate, perché definire lo Zoroastrismo come un politeismo, più o meno instabile, oppure come un dualismo politeistico crea una confusione forse maggiore. Il problema essenziale resta invero quello di accordarsi sul valore che si intende attribuire alle categorie che decidiamo di utilizzare.

(da A. Panaino, Zoroastrismo. Storia, temi, attualità, Brescia, Morcelliana, 2016, pp. 51-52)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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