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Nello stesso giro di anni in cui Martin Lutero dette l’avvio al moto riformatore in Germania, a Zurigo si aprì un secondo fronte della Riforma a opera di Ulrich Zwingli, da cui nacque la corrente «riformata» del protestantesimo, parallela ma non identica a quella luterana. Intorno a Zwingli e alla Riforma svizzera circolano ancora molte leggende e mezze verità. La conferenza intende riflettere su alcune di esse e cerca di sfatarle, presentando l’attività riformatrice di Zwingli sia nei suoi aspetti teologici e ecclesiastici, sia nei risvolti sociali e politici.
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Huldrych Zwingli nacque il 1° gennaio 1484 a Wildhaus, nell’alta valle del Toggenburg, da una famiglia di contadini agiati, avvezzi da generazioni a ricoprire cariche pubbliche e gelosi custodi della libertà elvetica. Frequentò le scuole latine di Basilea e Berna e l’Università di Vienna. Nel 1506 conseguì il titolo di magister artium all’Università di Basilea. Qui conobbe e si legò d’amicizia con Wolfgang Capitone, Kaspar Hedio, Leo Jud, Konrad Pellikan, che sarebbero diventati gli antesignani della Riforma nella Svizzera tedesca e a Strasburgo. Appena ventiduenne fu ordinato sacerdote e venne nominato parroco della piccola città di Glarona, dove rimase fino al 1516 assolvendo con zelo i doveri del suo ministero. Furono anni decisivi per la sua formazione: acquisì una solida cultura classica; si dedicò alla lettura dei Padri della Chiesa, in particolare Agostino, Crisostomo, Cipriano; studiò a fondo le opere di Erasmo, verso cui non celò mai il proprio debito di gratitudine, ed ebbe conoscenza di quelle di Pico della Mirandola; fondò, assieme a Glareano, Miconio e Vadiano, un circolo umanistico che si proponeva il rinnovamento della vita religiosa e politica del paese, nonché il rafforzamento della coscienza nazionale elvetica. Durante il periodo glaronese, mentre i papi Giulio II e Leone X reclutavano mercenari per la «Lega santa», Zwingli fu in Italia almeno due volte come cappellano al seguito delle milizie svizzere, assistendo alla memorabile battaglia di Marignano (1515). (…)
La fama di dotto sacerdote gli valse la nomina nel 1519 a pievano del Grossmünster di Zurigo. Allora la città-stato sulla Limmat, che era membro a pieno titolo della Confederazione elvetica dal 1351, contava circa cinquemila abitanti, a cui si aggiungevano i circa cinquantamila residenti fuori le mura. Già dal 1498 si era data un ordinamento politico a base rappresentativa, con il Piccolo e il Gran Consiglio che arbitravano gli interessi divergenti delle dodici corporazioni e della ricca borghesia dei commerci, riunita nella società degli ottimati (constabularii). Dal punto di vista ecclesiastico dipendeva dalla diocesi di Costanza, anche se le competenze giuridiche e fiscali del vescovo erano strettamente limitate. L’opera riformatrice di Zwingli a Zurigo si realizzò tra gli anni 1522-1525. In che misura fu influenzata dall’esperienza di Lutero? La questione continua ad essere dibattuta tra gli studiosi, perché il riscontro fra le opere dell’Hercules germanicus e dello Zurighese rivela una comune matrice teologica e al tempo stesso differenze fondamentali. Come Lutero, Zwingli non riteneva che la chiesa cristiana dovesse essere rifondata, ma solo riformata. Del Riformatore tedesco condivideva altresì – pur avendoli elaborati in forma autonoma e adattati alle esigenze di una repubblica cittadina – i grandi princìpi teologici. Se si vuole giudicare equamente, la differenza fondamentale che intercorse fra i due Riformatori consiste in questo: Lutero partì dall’esigenza interiore della riscoperta della fede e soltanto involontariamente, a volte quasi spinto dalle circostanze, passò ad occuparsi della riforma della chiesa e della società; Zwingli, viceversa, fedele all’impostazione dell’umanismo elvetico, ebbe inizialmente un’acuta sensibilità etica, denunciò abusi nella società, colpì superstizioni nella chiesa e su questo terreno si inserì successivamente il messaggio della salvezza. Si tratta di due percorsi che seguirono direzioni diverse, ma che si conclusero, in ultima analisi, con lo stesso risultato. (…)
Sulla base di un testo di Zwingli imbottito di citazioni bibliche, la Breve istruzione cristiana (ottobre 1523), i magistrati zurighesi procedettero alla rimozione delle immagini e degli organi dalle chiese, all’abolizione della messa e delle festività dei santi; presero provvedimenti decisivi per un riassetto del culto, ridotto alla lettura e spiegazione della Scrittura in lingua volgare e alla celebrazione dei sacramenti del battesimo e della Cena. Quasi contemporaneamente seguì la soppressione dei conventi sia nella città sia nella campagna. Le radici teologiche di questi cambiamenti epocali che facevano tabula rasa della tradizione medievale si trovano nel Commentarius de vera et falsa religione (marzo 1525), l’opera principale di Zwingli. Ma più significativa ancora fu l’attuazione, dal 1525, di riforme sociali che non soltanto contribuirono all’affermazione della Riforma a Zurigo ma portarono anche a imitazioni in altre città. Fu istituito un sistema di assistenza pubblica non più svolta da istituzioni religiose o da singoli, ma regolata da leggi dello stato che combattevano sia l’accattonaggio sia l’ozio; fu promossa l’istruzione primaria, gratuita per i meno abbienti e obbligatoria per tutti; fu introdotto l’Ehegericht, il tribunale matrimoniale, allo scopo di esercitare un controllo severo sulla moralità; fu fondata la Prophezei, la prima scuola teologica per la formazione accademica dei pastori riformati, dalla cui attività scaturì, già nel 1531, la prima traduzione evangelica della Bibbia in lingua tedesca. Vi è quindi una consequenzialità nell’opera riformatrice di Zwingli che è sconosciuta a Lutero.
(da E. Campi, Nascita e sviluppi del protestantesimo, in G. Filoramo e D. Menozzi, a cura di, Storia del cristianesimo, 4 voll., Roma-Bari, Laterza, 1997, vol. III: L’età moderna, pp. 32-36)*
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