Ritratti del desiderio


Jacques Lacan ha coniugato l’esperienza clinica con la riflessione filosofica, rendendosi celebre ai più per un linguaggio volutamente ostico in cui si riflette la difficoltà stessa di decifrare la "cosa" (das Ding) scoperta da Freud. All’insegnamento di quest’ultimo, come noto, lo psicanalista francese, intellettuale tra i più raffinati e controversi del secondo Novecento, ha promosso un programmatico "ritorno". Massimo Recalcati si è distinto, negli ultimi anni, proprio per la capacità di rendere fruibile l’opera di Lacan preservandone le dovute "tortuosità". Ritratti del desiderio restituisce in tal senso ai lettori i modi attraverso cui Lacan ritrae "il volto del desiderio da prospettive differenti" (p. 26), esemplificandoli con immagini letterarie, pittoriche, bibliche e tragiche. Se l’inconscio designa la "cosa" su cui Freud e Lacan non cessano di ritornare, spiega infatti Recalcati, il "desiderio" è più propriamente la variegata e imprevedibile esperienza che l’uomo fa di essa in quanto evento del "sentirsi superati", laddove ogni volta che si dà desiderio l’io, non più stabile e sicuro, si ritrova "esorbitato" da una forza che oltrepassa il suo potere di controllo e che, per ciò stesso, mostra quanto quello stesso desiderio che l’io credeva essere qualcosa di "suo" si leghi strutturalmente ed enigmaticamente "alla figura dell’Altro" (p. 28). Essendo il desiderio il fulcro di un evento che ne rivela il carattere essenzialmente "assoggettante", secondo Recalcati il compito della psicanalisi è implicitamente già delineato: la concertazione tra paziente e analista mirerà infatti a "soggettivare" in modo nuovo il desiderio. Se pertanto la psicanalisi nasce con il paradosso del desiderio, in virtù del quale il soggetto è chiamato a rapportarsi con una "cosa" che non può governare del tutto, essa è immediatamente investita dall’istanza etica che porta il soggetto ad assumersi la responsabilità della "cosa" stessa e a impegnarsi dunque, secondo la massima lacaniana sulla quale Recalcati incentra tutto il suo percorso di analista e interprete, a non cedere sul proprio desiderio. Così come nell’ascolto dell’analista si esprime il dilemma di una "responsabilità senza padronanza", nel soggetto che racconta il proprio desiderio trova luogo il medesimo dilemma, fino all’assunzione comune, nel transfert, di una responsabilità rispetto alla "cosa" che "trascende" entrambi. Il motivo etico attraverso cui Recalcati legge Lacan rivela così non solo il peso decisivo che la psicanalisi assegna al desiderio ma anche e soprattutto l’importanza dell’insegnamento lacaniano per la lettura e la decifrazione dei rischi più concreti del nostro tempo. Mostrando quanto il desiderio si manifesti come un "godimento compulsivo" che necessita strutturalmente della "Legge" per non diventare irrimediabilmente "godimento mortale", Lacan ci aiuta a comprendere quanto "l’incubo che definisce la cifra fondamentale del nostro tempo è che la vita non sia un bene sufficiente per rinunciare al godimento e che il godimento valga più della vita" (p. 111). L’etica lacaniana della psicanalisi è allora rilanciabile laddove il soggetto può ancora scoprirsi capace di desiderare senza sottomettersi a un "imperativo a godere" che lo distoglie dalla sua irriducibile verità: facendo luce sulle più nuove e pericolose forme di illusione che "tengono separato il soggetto dalla vocazione del suo desiderio", la psicanalisi rende tuttora possibile "la soggettivazione di quel desiderio che è il mistero, l’incognita, a cui tutti gli umani sono assoggettati" (p. 160).

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2012
Recensito da
Anno recensione 2012
ISBN 886030444X
Comune Milano
Pagine 190
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