In questo volume Fabris, oltre a fare il punto sull’attuale dibattito filosofico intorno alle religioni, staglia le sue considerazioni critiche su un fondo attentamente problematizzato che ruota attorno alla scelta stessa di parlare di filosofia delle religioni invece che di filosofia della religione. La filosofia delle religioni, nell’opzione plurale proposta da Fabris, non rinuncia alla ricerca di "strutture generali e comuni dell’esperienza religiosa", proponendosi piuttosto di attuare questa ricerca nella consapevolezza del fatto che, se per un verso filosofia e religione continuano tuttora a stridere all’interno di un campo di esperienza in cui il più delle volte si fronteggiano, per altro verso vi è in esse un’innegabile "impegno comune" a favore del senso, ovvero, di qualcosa che non si lascia indagare mediante i criteri della ricerca scientifica. Proprio perché nel mondo contemporaneo il fenomeno religioso si lega sempre più al concetto di "pluralismo", secondo Fabris diventa necessario vagliare criticamente l’ideale diffuso, e spesso abusato, del "pluralismo religioso". Muovendo da questa premessa teorica e metodologica, Fabris offre un’indicazione etica utile a non incorrere nell’indifferenza e nel fondamentalismo, cioè in quelli che emergono oggi come i più tangibili rischi legati all’esperienza religiosa, sia dal punto di vista dell’analisi filosofica sia da quello dell’esperienza vissuta. Se l’indifferenza religiosa non può considerarsi soltanto un tratto distintivo del mondo occidentale secolarizzato, il fondamentalismo religioso non si limita a essere qualcosa che caratterizza esclusivamente il mondo orientale. Si tratta piuttosto, secondo Fabris, di due atteggiamenti che si compenetrano, laddove l’indifferenza altro non è che quella dell’individuo quando, reputando in modo fin troppo scontato che il fondamentalismo sia qualcosa che non gli appartiene, di fronte alla molteplicità delle "proposte religiose" finisce con il manifestare "un atteggiamento simile a quello che abbiamo al supermercato quando, volendo comperare qualcosa, confrontiamo prodotti analoghi di marche diverse e decidiamo che cosa acquistare sulla base di un’esigenza personale, reale o indotta dalla pubblicità" (p. 16). Il fondamentalismo, d’altro canto, è il più delle volte conseguenza dell’indifferenza verso individui che, in modo altrettanto scontato, arriviamo a giudicare "estranei, ‘infedeli’, e che dunque senza particolari problemi possono essere combattuti" (p. 23). La scelta del "plurale" apre in tal senso alla giusta interazione tra chi, come l’uomo di fede, "vive nella relazione e della relazione" propria del contesto di "immediata aderenza" che "offre senso" a una comunità di fedeli; e chi, come il filosofo, consapevole del suo vivere e agire dentro il medesimo orizzonte di senso in cui l’uomo di fede matura la sua visione del mondo, si scopre in grado di "accogliere e prolungare contesti di relazione, muoversi al loro interno, realizzarli, studiarne la particolare grammatica, rielaborarli a partire da ciò che è avvenuto nei vari momenti della storia del pensiero" (p. 123). Nella proposta di Fabris si concretizza allora il tentativo di descrivere filosoficamente e vivere quotidianamente il fenomeno religioso all’insegna delle relazioni più attuali, rendendo in tal modo possibili nuove aperture critiche, e per ciò stesso "virtuose", nei confronti dell’altro.