Alle metamorfosi del seducente mito di Amore e Psiche, così come esso si è insediato nell'immaginario occidentale a partire dal racconto di Apuleio (non solo nella letteratura, ma anche nelle raffigurazioni pittoriche, nella scultura e nella musica), è dedicato il volume di Sozzi volto a esplorare le ragioni dell'imperitura fascinazione di questo mito attraverso l'analisi delle fonti classiche antiche e dell'apporto delle moderne interpretazioni filosofiche e psicologiche. A fianco di una dettagliata lettura storica che delinea le principali coordinate interpretative del mito, l'Autore pone molteplici chiavi ermeneutiche, volte a mostrarne, primariamente, l'essenziale problematicità e ricchezza di contenuti. Sebbene nel Medioevo e nell'Umanesimo sia prevalsa una lettura del mito quale emblema di una verità cristiana (la colpa e la redenzione), di un miraggio neoplatonico (l'ascesa verso il divino) o di un insegnamento stoico (l'invito ad affrontare con forza d'animo il male di vivere), tra Rinascimento ed età dei Lumi trova spazio un'interpretazione edonistica (la favola esalterebbe la pura carnalità) o spettacolare e teatrale. Con l'Ottocento le sventure di Psiche saranno il prezzo che gli uomini dovranno pagare per il progresso, mentre con il decadentismo prevarrà un'interpretazione intimistica (Psiche come immagine di pura interiorità, come simbolo dell'io più profondo) e, infine, il Novecento condurrà a una disingannata, sarcastica e cinica rivisitazione del mito, che ne tradisce un'inconfessata nostalgia. Tuttavia, di primo acchito, «siamo d'istinto orientati verso un'interpretazione di tipo romantico, legata a quell'idea di illusione che da Rousseau a Leopardi percorre la cultura europea», cioè «l'idea di un bene intravisto e subito svanito, di un sogno che non può, che non deve tradursi in realtà, di un'illusione che si dissolve non appena vuol diventare tangibile e chiara evidenza» (pp. 15-16). Tale interpretazione, così come molte altre succedutesi nel corso dei secoli, è tuttavia la meno aderente alla sostanza del mito (Psiche infatti non perde definitivamente Amore, lo riconquisterà dopo lunghe traversie e verrà assunta nel consesso degli dèi), non riesce a coprirne le vaste, complesse ed inesauribili dimensioni: «Assistiamo stupiti a questa sequela di simboli senza riuscire a lasciarcene sedurre: oscuramente avvertiamo che i tentativi di incasellare la vicenda in schemi teorici prefabbricati rischiano sempre di lasciar fuori qualcosa, di non render conto esattamente di tutti gli aspetti dell'antica, complessa, variegata vicenda mitica e soprattutto dei modelli culturali che possono, essi sì, aver agito sulla sua genesi» (p. 27).