Con La duplice visione, l'ultima opera pubblicata prima della morte e ora tradotta in italiano, Northrop Frye (1912-1991) prosegue la sua esplorazione anticonvenzionale di temi religiosi e teologici.
Questo libro, per molti aspetti il più accessibile e per tre quarti frutto di conferenze, è rcco di riferimenti e di echi a testi precedenti, in particolare The Great Code e Words with Power che hanno fatto del canadese Frye uno fra i maggiori critici e filosofi del linguaggio del Novecento.
La duplice visione – un'espressione che accoglie la suggestione dei versi del poeta William Blake – permette di accedere alla Bibbia come fonte di storia e di visione superando la convinzione del cristianesimo dei primi secoli che individua nell'accuratezza descrittiva degli eventi storici e nell'infallibilità' degli argomenti logici del Nuovo Testamento il fondamento della fede. Sarebbe assurdo – sostiene Frye – considerare la Bibbia esclusivamente sul piano letterario, ma proprio per questo diventa fondamentale riconoscere che è stata scritta in un linguaggio letterario e, come tale, organizzato intorno al mito e alla metafora.
Ora, poichè il mito non è storico nè antistorico, ma metastorico e la metafora non è logica nè illogica, ma metalogica, la base letterale della fede nel cristianesimo è una base mitica e metaforica, non fondata su fatti storici e proposizioni logiche.
In altri termini Frye distingue il linguaggio spirituale ("fondato sul principio che il significato letterale della religione è metaforico e mitico") dal linguaggio naturale ("fondato sul principio che quanto è letterale è descrittivo").
La duplice visione, tuttavia, non si limita al linguaggio, ma si estende alla natura, al tempo, a Dio stesso.