«Il diritto, ripiegatosi tutto nella caducità della storia e nel vortice del divenire, non ha punti di appoggio esterni. Quasi spaurito nel regno della possibilità, da cui si genera un caos selvaggio, il diritto si ritira nella forma, essa soltanto in grado di accogliere tutto, indifferente ai contenuti che sono ridotti a materiali di produzione». Con queste considerazioni l'Autore introduce a pagine che sono uno sviluppo organico dei temi affrontati nel precedente Nichilismo giuridico (2004), approfondendo le conseguenze della trasformazione del diritto che non si appoggia più ad alcun principio immutabile, ma cade per intero nella volontà occasionale e precaria della volontà umana. Mentre si consolida una connessione tra formalismo e nichilismo, il diritto – sostiene Irti – non è più vincolato a una direzione e si assiste a una moltiplicazione delle sue fonti (negoziali, statuali, internazionali, europee): queste si trasformano in norme e procedure che hanno la forma come unico ed ultimo centro attorno al quale raccogliersi. In questo modo il diritto esce dal mondo della verità per entrare nel mondo della strumentalità in cui ogni singola norma possiede una propria ratio. I codici – che rispecchiano gli interessi e i bisogni di forze storiche, di gruppi economici e di categorie sociali – risultano svuotati di significato ultimo. L'indebolimento della sovranità statale agevola questo fenomeno, non essendo più in grado di racchiudere in unità la molteplicità delle fonti. Il diritto della modernità risiede quindi nei processi della sua produzione, che sempre pongono e depongono norme determinando il caos dell'occasionalismo giuridico. In questo modo accade che, sbarazzandosi di ogni tradizione, la vita del diritto finisce per identificarsi con le procedure produttive attraverso l'eliminazione del problema dei suoi contenuti: se il diritto si fa sconfinato – fondato soltanto sulla validità delle procedure – ad esso rimane solo la garanzia, il salvagente della forma. Nulla è più naturale, nulla giunge dalla tradizione, ma tutto è artificiale e costruito dalla volontà degli uomini: la modernità giuridica si scioglie dal problema della verità, dall'esigenza di conformarsi a un valore assoluto, e per questo sembra arcaica la relazione fra diritto e verità. Il nichilismo giuridico consiste in questa separazione dalla verità, in questo consegnarsi a un'incondizionata volontà che trascorre indifferentemente di fine in fine. La norma giuridica è un prodotto esclusivo del volere umano, indifferente al contenuto, in grado di garantire regolarità e rapidità di produzione. Per questo motivo, le teorie del diritto hanno accolto l'idea di produzione, che indica il nascere e il morire delle norme, la misura del calcolo quantitativo del suo funzionamento.