Questo volume si propone di sottoporre ad analisi critica i presupposti della celebre definizione schmittiana di “teologia politica”, cercando di dimostrare che l’ordinamento politico che caratterizza la tradizione dell’Occidente non scaturisce da un’originaria fondazione teologica secolarizzata, di impronta monoteistica, quanto piuttosto finisce per rivestirsene nel corso di complessi processi di trasformazione culturale già evidenti in Egitto nel II millennio a.c. In epoca cristiana ed islamica, più di quanto non avvenga nell’ebraismo, il monoteismo finirà per approdare a forme di intolleranza nei confronti dell’alterità e ad una vera sacralizzazione della violenza (e della “guerra santa”) nei confronti del “nemico” religiosamente connotato. Tale intolleranza nei confronti dello “straniero” ha luogo tuttavia anche in Egitto nel periodo persiano ed ellenistico (insistenza sui tabù alimentari, sul culto degli animali sacri, sulla profanazione dei templi ad opera degli stranieri), in forme diverse, ma in parallelo a quanto avviene in ambito ebraico (iconoclastia e condanna dell’idolatria). L’immagine tradizionale dell’Egitto, come immutabile teatro del “dispotismo orientale”, deve essere decostruita e dissolta attraverso un’attenta analisi delle Weltanschauungen delle diverse epoche storiche del paese. Tutto ciò viene tentato da Assmann attraverso la ricostruzione della memoria culturale dei concetti chiave della tradizione sapienziale, cultuale e giuridica dell’Egitto dal Regno Antico sino al collasso del Regno Nuovo e alle dominazioni assira, persiana ed ellenica. L’Egitto Antico, politeista e policentrico per vocazione, conosce l’esaltazione di un ordine cosmico che assicura giustizia a tutti e una forma di “socialismo verticale”. Ad essere al centro del tutto, nel Regno Antico, è inizialmente la figura del Re, mediatore tra terra e cielo ed incarnazione stessa della legge divina. Il divino è troppo lontano per essere oggetto di un rapporto di devozione diretta priva di mediazione e il clero è costituito da funzionari regi. Il paese supera il primo periodo intermedio, caratterizzato da forme di potere anarchico, attraverso un rafforzamento “politico” dello Stato, in cui il Re diviene patrono e “Dio” egli stesso (Medio Regno): solo nella fase successiva alla restaurazione del Nuovo Regno si sviluppa una risposta di tipo religioso alla crisi dell’ordine sociale attraverso la fede nell’immortalità e l’individualizzazione del culto e delle professioni di colpa. Questo è il sorgere del “religioso”, nel senso che ci è divenuto consueto in positivo e in negativo.