«Prescriviamo […] di venerare l’icona di nostro Signore e di manifestarle lo stesso onore riservato ai libri dei Vangeli. […] Se qualcuno non venera l’icona di Cristo, infatti, non sarà neppure in grado di riconoscerne la figura in occasione del suo secondo Avvento».
Con queste parole, il Sinodo di Costantinopoli (869) introduce la tesi secondo la quale non solo la parola, ma anche l’immagine di Dio è salvifica e chiama poi a suo sostegno una complessa teologia delle immagini per dimostrare come esse rientrino a pieno titolo tra gli strumenti dell’opera salvifica divina: l’icona diviene così oggetto privilegiato della pratica religiosa. Hans Belting ripercorre in questo libro, apparso in Germania una decina d’anni fa, le vicende dell’immagine nella sua forma più specifica del ritratto personale (imago) nella tradizione dell’icona e mostra nel dettaglio le tappe di un cammino che, dalla tarda antichità in Oriente, conduce al Rinascimento e alla Riforma, esercitando una straordinaria influenza sull’arte occidentale. E’ proprio lo studio delle icone importate in Europa, infatti, ad inaugurare nel Medioevo italiano la pittura delle pale d’altare e devozionali, che costituiscono l’inizio stesso della storia del dipinto su tavola. L’Occidente è anche luogo di ricezione e rielaborazione di alcune importanti variazioni nell’arte delle icone, che ne contraddicono la tradizionale ieraticità e distanza: a partire dal sec. XI si assiste così all’introduzione di elementi narrativi e intonazioni emotive, come il tenero amore materno o il lutto, tratti transeunti che in Europa saranno alla base di un nuovo genere di ritratti di Maria. Le icone si fanno più poetiche e colloquiali e acquistano una qualità “parlata”, più vicina al singolo, che, da semplice tecnica, viene presto a rappresentare una nuova esperienza dell’immagine. Belting parla infatti di un’«era dell’immagine privata» alla fine del Medioevo, quando le immagini, da strumenti di devozione, si avviano a diventare per i singoli proprietari garanzie esteriori di un sentimento interiore. Le controversie riformistiche e iconoclastiche dell’età moderna, l’ultimo snodo preso in esame, contribuiscono a mettere definitivamente in crisi la dipendenza delle immagini dal culto, un rapporto di reciproca appartenenza che aveva contraddistinto tutta l’età medievale. Le immagini perdono importanza in campo religioso e trovano una nuova giustificazione come opere d’arte: non più tangibile presenza del sacro, sono ora una “finestra” sul mondo creativo dell’artista.