«Che cosa significa per la filosofia prendere seriamente partito per il sensibile? Abituata a distinguere passività da attività così come sentire da pensare, può davvero render conto della loro indivisione?». Su questo interrogativo è costruito il presente studio di Carbone che, in continuità con la sua precedente ricerca (Ai confini dell’esprimibile. Merleau-Ponty a partire da Cézanne e da Proust, Guerini e Associati, Milano 1990), sviluppa una tematica tipicamente merleaupontiana circa lo statuto del sensibile e della costitutiva passività della nostra attività percettiva.
Avvalendosi della riflessione di Merleau-Ponty come principale punto di riferimento, egli la confronta con alcuni momenti del pensiero novecentesco intorno al problema del sensibile. È in ambito fenomenologico che l’autore rintraccia il delinearsi di questo problema: Husserl vede nella percezione l’esperienza primaria che rende possibile un rapporto conoscitivo con il mondo sensibile-materiale, il quale gode di una ricchezza propria. Sulla sua scia l’estetica fenomenologica imposta su nuove basi il rapporto tra soggetto e oggetto. Da Pradines a Straus, da Maldiney a Dufrenne si assiste a una ridefinizione del “sensibile” come compartecipazione di tutti i sensi alla realtà del mondo non ancora oggettivato, preconoscitivo. Sul tema della pittura il confronto che Carbone istituisce tra Lyotard e Merleau-Ponty consente di tematizzare l’«impresentabile», cioè ciò che, pur essendo presente, non è visibile. A questo proposito la filosofia di Merleau-Ponty riportandoci, come dice Dufrenne, «nei pressi dell’origine» dà una serie di indicazioni illuminanti sul pensiero del sensibile che sfociano nella delineazione della «nuova ontologia». Essa passa attraverso la presentazione di una «logica aconcettuale» così come si dipana nelle penetranti intuizioni delle «idee sensibili» di Proust, le quali, pur appartenendo a un ordine diverso da quello delle idee dell’intelligenza e impenetrabili ad essa, sono capaci di rendere visibile l’invisibile. Proprio l’ultimo corso che Merleau-Ponty stava preparando quando fu colto dalla morte, era dedicato a una meditazione del «pensiero del sensibile», all’«impensato dell’ontologia contemporanea», come lo definisce Carbone. In quelle note egli si avvaleva della categoria letteraria della voyance per recuperare l’essenza dell’essere sensibile; attraverso la voyance la visione è recuperata nella sua originaria indistinzione col pensiero che nel velo del visibile vede l’invisibile.