Nel volume del cappuccino ticinese Giovanni Pozzi confluiscono i contributi di un decennio di intense indagini a livello sia iconografico che letterario, che spaziano da Piero della Francesca sino ai “Mariali” di fine Ottocento. In tale ricco tessuto di compenetrazione vicendevole tra testo e vita di fede trovano un significativo spazio anche la letteratura devozionale, un genere spesso negletto e trascurato dal lettore moderno, e l’ampio dominio delle arti figurative e dell’iconografia sacra. Il filo conduttore del volume può essere individuato nella “storia degli effetti” dell’esegesi latina e volgare del Cantico dei Cantici. L’artista ignaro del latino dei dotti, nel Basso Medioevo e nella prima Età moderna, aveva difficilmente accesso ai commenti latini di Ruperto di Deutz o di Bernardo ed attingeva a piene mani – sotto il profilo iconografico – alla predicazione popolare in volgare o alla già citata letteratura minore, efficaci veicoli dell’allegoresi. Con instancabile erudizione Pozzi procura essenziali riflessioni d’insieme su questo punto attraverso accurate analisi di dettaglio sul ricorso alle immagini del giglio e della rosa in riferimento a Cristo ed alla Vergine, e sul progressivo espandersi – anche al di là di un concreto riferimento scritturale – del ricorso a fiori e piante in chiave metaforica. Il Cantico insieme all’Ecclesiaste offriva ai pittori e ai letterati ricche allusioni botaniche. Si andò ben al di là delle elementari identificazioni rosa-carità, giglio delle convalli-purezza e viola-umiltà in direzione di una vera e propria botanica sacra riferita al culto della Vergine e destinata a sopravvivere – soprattutto nell’ambito della devozione popolare – sin quasi ai giorni nostri. Questa letteratura, ma anche la sua trasposizione a livello iconografico, costituisce parte integrante della “preistoria” dei grandi dogmi mariani che sarebbero stati sanzionati dogmaticamente solo in tempi più recenti: l’Immacolata Concezione nel 1854 e l’Assunzione nel 1950. Non solo, vi rieccheggiarono per secoli i dibattiti sul significato della verginità ante- e post-partum della Vergine, oltre ai più antichi e biblicamente fondati motivi dell’Annunciazione e della maternità divina, che fecero di Maria la protettrice delle puerpere. In conclusione, tale infinita e polimorfa variazione di motivi iconografici riferiti ad un patrimonio teologico abbastanza ristretto e delimitato contribuì attivamente all’affermarsi del celebre assioma “de Maria numquam satis” ed alla trasformazione del mese di maggio nel mese mariano per eccellenza.