Jullien punta al confronto tra il pensiero cinese e quello occidentale, sviluppato utilizzando il modello razionale fornito dalla strategia militare. Il pensiero cinese ha fondato la sua visione del mondo sulla regolazione, e quindi non ha concepito l”efficacia a partire dall”azione, come entità isolabile, ma nei termini della trasformazione: l”efficacia è tanto più grande in quanto è ‘discreta’. Anche per questo motivo la Cina non ha composto un”epopea, esaltando invece la trasformazione continua, tanto che, più che la trascendenza dell”azione, i cinesi hanno teorizzato l”immanenza della trasformazione: invece di elaborare un piano proiettato sull”avvenire, lo stratega cinese parte da una minuziosa valutazione delle forze in gioco e fa evolvere la situazione in modo tale che l”efficacia risulti vincolante. Nell”ambito della strategia militare ciò si riflette nella destrutturazione, caratteristicamente orientale, e non nella distruzione dell”avversario, come avviene nella logica europea. Ciò ha una spiegazione anche nella differente concezione del tempo che, per il mondo cinese, è legato alla lunga durata nel corso della quale si svolgono processi ai quali bisogna cercare di adeguarsi continuamente: questo tempo non è dunque un tempo regolare o accidentale, ma un tempo regolato che non si ripete mai. Del resto, il pensatore taoista celebra la non-audacia: “non agendo, non esiste niente che non si faccia”. Il grado zero dell”agire al quale si giunge corrisponde così al pieno regime dell”efficacia. Per formulare questo paradigma culturale il pensiero cinese si ispira all’azione degli elementi naturali che si adattano all”ambiente e la cui forza è una forza “contenuta”, è la potenza del potenziale. Il potenziale non è allora una questione di forza, ma è il potenziale del suo svolgimento a rafforzarsi continuamente, senza fare sforzo: nella misura in cui ci si rende costantemente attenti si può approfittare della minima breccia offerta dalle situazioni. Non potendo “modellizzare” il conflitto, che è costantemente mutevole, il pensiero cinese erige un sistema delle differenze, cioè esplora fin dove possono giungere le possibilità del cambiamento e induce ad attuare un elogio della facilità, laddove in Occidente si è valorizzato il concetto di difficoltà. Non a caso, ispirandosi all”immagine e all”azione dell”acqua, il pensiero cinese ha manifestato la diffidenza per l”autoconsistenza e per la visibilità del soggetto: invece di approdare all”esaltazione occidentale della volontà, l”ideale orientale consiste nel calarsi nel mondo, al punto da non sembrare di intervenirvi, così da riuscire a fondersi nella sua processualità per riuscire nello scopo.