In questo volume Vauchez delinea le trasformazioni che il soprannaturale, e in particolare la santità, hanno subito nel corso del Medioevo. A partire dall’XI secolo la Chiesa comincia a esercitare sul culto dei santi un controllo sempre maggiore fino ad assumere un potere discrezionale. In questo senso si assiste alla modifica della funzione e del significato della santità: in particolare vengono sottolineate l”importanza della virtù, dei comportamenti e dell’ortodossia dottrinale. La santità cattolica si è così sviluppata quasi esclusivamente nell’ambito degli “istituti di perfezione”, cioè degli ordini religiosi: il culto dei santi in questo modo diventa un problema puramente ecclesiastico e finisce di interessare la società nel suo insieme. Per tutto il medioevo i monaci e i religiosi hanno comunque oscillato tra due atteggiamenti: da un lato hanno espresso riserve sul miracoloso – che spingeva il cristianesimo verso una religiosità materialistica – e dall’altro hanno fatto ricorso alle manifestazioni del soprannaturale ogni volta che erano in gioco interessi collettivi. Con l’apparizione dei miracoli sacramentali, spirituali e mistici la Chiesa, secondo Vauchez, ha giocato su un registro dimostratosi ambivalente. Infatti il cristianesimo medievale ha probabilmente finito con il restare vittima di una evidente politica di acculturazione che l’ha indotto a venire a patti con le credenze popolari, con il rischio di perdere di vista il senso del mistero divino. A partire dal XIV secolo le spinte e le correnti profetiche subiscono un incremento notevole legato soprattutto al nuovo ruolo sociale assunto dalle donne. Ciò rende ancora più stretto il controllo su tali fenomeni, che già dal secolo precedente la Chiesa aveva deciso di esercitare con regole molto rigide. Nel XIV secolo inoltre la nuova santità è più femminile che maschile: le correnti visionarie femminili che esplodono in quel periodo fanno voltare le spalle al profetismo speculativo ed esegetico che aveva dominato in Occidente a partire dal movimento di Gioacchino da Fiore e si torna a un messaggio più moraleggiante, centrato sullo sdegno di Dio. Un messaggio che è però ambivalente: la critica dei prelati indegni non mira a contrastare il ruolo dell’istituzione ecclesiastica, bensì a migliorarne il funzionamento. Non a caso, a partire dal XVI secolo, i poteri informali di profeti e visionari subiscono una crescente emarginazione, salvo riaffiorare periodicamente sotto le forme di convulse esplosioni in occasione di eventi particolari.