On pourrait faire l”histoire de l”humanite à l”aide des tombeaux. Questa famosa frase di Viollet-le-Duc con cui il testo si apre è in realtà una doppia citazione, e non soltanto perché citazione di una citazione: l”autore a cui Petrucci intende fare riferimento e dietro il quale sembra nascondersi nel momento in cui delinea il progetto della sua ricerca e Erwin Panofsky. Il suo Tomb Sculpture. Its changing Aspects from ancient Egypt to Bernini (London, 1964) costituisce uno dei maggiori punti di riferimento del testo in questione, del quale condivide l”intento di mettere in luce il significato non solo storico-artistico, ma anche culturale di alcuni tipi di oggetti legati alle pratiche funerarie quali le epigrafi, i rotoli scritti, i libri manoscritti e a stampa, i manifesti, i necrologi, i santini. A Petrucci non interessa tanto il tema della morte, ma il fatto che in questi oggetti compaia una parte scritta più o meno preponderante nei confronti del resto. L”oggetto di studio è quindi costituito dal complesso delle modalità scrittorie messe in atto di volta in volta per ricordare i defunti dagli uomini dal primo millennio a.C. ad oggi. Di queste “scritture ultime” l”autore mette particolarmente in evidenza l”aspetto esterno e materiale, vale a dire la loro immediata visibilità. Se infatti la nascita delle pratiche di gestione e manipolazione dei cadaveri è caratterizzata dall”esigenza di difendere la società dei vivi dalla società dei morti, l”origine dell”apposizione di scritte sui depositi funerari è segnata dall”urgenza di rivolgersi ai vivi: si tratta quindi di una pratica sostanzialmente e profondamente ”politica”, rivolta a celebrare e a ricordare il potere e la presenza sociale del gruppo, corporativo o familiare, cui il defunto apparteneva, e a confermare la ricchezza, il prestigio, la durata nel tempo, la forza vitale, la capacità di riproduzione e di espansione” (pag. XIX).
In tal modo deve essere letta l”abitudine di scrivere l”intero cursus honorum da pare dei rappresentanti della nobiltà romana; l”iscrizione in età cristiana della data della morte quale momento del trapasso a vera vita; la spettacolarità delle pompe funebri che nel XVI secolo avvenivano spesso in absentia del cadavere; l”introduzione nel XVII secolo dell”annuncio mortuario su manifesto; la grande mescolanza di stili (una sorta di horror vacui) che caratterizza la modernità borghese dell”Ottocento; la costruzione di sacrari militari sia in presentia che in absentia del cadavere immediatamente successiva alla grande guerra, vero e proprio monumento all”ideologia militare; infine, la diffusione dei necrologi a mezzo stampa, dei manifesti mortuari e dei santini come testimonianza di una sempre maggiore esigenza di pubblicizzare la morte in absentia.