Poco più di un secolo fa una biblioteca di Costantinopoli restituì, grazie all’attenzione di Filoteo Bryennios, un manoscritto contenente l’unica copia arrivata fino a noi di un’opera proto-cristiana scritta in greco, la Didaché o Dottrina dei dodici apostoli. Fin da subito a questa scoperta è stato unanimemente riconosciuto il carattere dell’eccezionalità e la Didaché divenne pietra angolare della lettura delle origini cristiane elaborata a cavallo fra Otto e Novecento da Harnack, la quale rimase e rimane tuttora una delle più influenti sulla teologia e la storia delle religioni successive. Questo basti a delineare l’importanza che il testo assunse in seguito nei dibattiti fra studiosi di tutti i paesi: ora considerato una tarda finzione realizzata con il “montaggio” di brani copiati dalla letteratura canonica, ora celebrato come l’unico testimone affidabile del cristianesimo in statu nascenti, esso può ben essere definito una vera e propria pietra dello scandalo della cristianistica novecentesca. L’edizione preparata da Giuseppe Visonà, benché rivolta alla divulgazione, si presenta, anche in ragione della presenza di un vero e proprio testo critico stabilito con grande accuratezza e di una aggiornatissima bibliografia, come una rilevante acquisizione nel panorama italiano. Anzitutto Visonà ha il merito di fare il punto della situazione riguardo ai numerosi aspetti controversi della Didaché (dalle regole morali più vicine al giudaismo che al cristianesimo, al testo della preghiera eucaristica completamente diverso da quello dei Vangeli canonici, alla competizione fra gerarchia ecclesiale carismatica ed episcopato nascente, alla conclusione escatologica che sembra interrompere il testo senza una vera e propria chiusa) in modo tale da riprendere tutti i dati delle ricerche, anche internazionali, più recenti senza lasciarsi andare alla tentazione di formulare ipotesi avventate. Per quanto attiene all’interpretazione del testo, infine, Visonà riesce nell’impresa di metterne in luce tutto il valore specifico, accantonando quelle letture del passato che, sotto l’influenza di presupposti ideologici di cui non è difficile ritrovare l’origine, erano riuscite a guardare la Didaché solo nella prospettiva di ciò che essa avrebbe potuto dare alla conoscenza del canone neotestamentario. La Dottrina dei dodici apostoli, invece, risalta come uno dei pochi testi antichi capaci di disegnare il ritratto di una comunità giudeo-cristiana nell’interezza e nella complessità della sua vita fatta tanto di convinzioni etiche e teologiche quanto di pratiche liturgiche e concreti rapporti sociali.