Attraverso il confronto con due classici filosofici – la tesi di Kant sull’illuminismo (che segna l’uscita dell’uomo dalla minorità) e la tesi di Trasimaco, contenuta nel I libro della Repubblica di Platone (“la giustizia è l’utile del più forte”) – l’autore nota che in Occidente non sembrano crearsi le condizioni in grado di favorire il passaggio dalla libertà all’autonomia, visto che tendono a costituirsi quelle di una “finta” autonomia che si concretizza nel mimetizzarsi e nell’accettare l’assimilazione all’altro. Inoltre, per Iacono, all’interno di questo percorso si può comprendere il problema dell’esplosione delle etnie e dei nazionalismi: il desiderio di autonomia, che è libertà positiva, diluisce il proprio valore nel desiderio di status (cioè di conservazione del potere) e in questo modo affievolisce il suo carattere fino a perdere la capacità di guardare con gli occhi degli altri, di scoprire ogni possibile alterità, conservando dunque la condizione di minorità fondata sulla volontà di dominio. Tutto il XX secolo è stato invano percorso dall’illusione dell’uscita dalla condizione di minorità, cioè dal tentativo di affermare l’autonomia, mentre è stato invece caratterizzato dalla trasformazione delle relazioni di potere in stati di dominio, dalla resa allo strapotere della scienza e dalle questioni poste dal processo, ormai consolidato, della globalizzazione, con il conseguente smarrimento della capacità di esprimere un consenso consapevole, accentuato anche dall’affievolirsi dell’azione mediatrice e propositiva dei partiti politici. Analizzando la tesi di Trasimaco, Iacono rileva dunque che essa rivela l’illusione dell’uguaglianza e l’opposizione tra potere e giustizia, un’opposizione che la necessità del consenso tende a nascondere: l’uscita dalla minorità è quindi anche l’uscita da un’illusione ideologica. La negazione dell’affermazione di Trasimaco conduce al passaggio dalla relazione di potere agli stati di dominio, mentre il suo mantenimento comporta la possibilità di controllare e impedire che le differenze e le diversità non si trasformino, consolidandosi, in diseguaglianze e assimilazioni. E’ soltanto quando vediamo con altri occhi, conclude Iacono, che il confine tra la condizione di dominio e quella del potere si fa più netta e la strada che porta all’obbedienza comincia a dividersi da quella che porta all’autonomia, “che non significa solitudine, ma capacità di navigare fuori dal porto”.